Ok è una tamarrata, un fantacinepanettone, un film ambientalista e uno spot per il rilancio della Nasa. È costato troppo e dura troppo. Però è bello. Ps attenzione CONTIENTE SPOILER

Interstellar
9 Nov 2014

Non so quanti di voi hanno visto Apocalypto di Mel Gibson. Apocalypto era una vera tamarrata. Te ne accorgevi sul finale, quando la corsa folle del protagonista (un indigeno maya in fuga da un commando di altri indigeni che lo vogliono uccidere non ricordo perché) lo portava fuori dalla foresta, sulle rive di una spiaggia. Li finiva la terra conosciuta e oltre quel mare non c’era niente. Il protagonista inquadrato frontalmente si ferma allibito, vede qualcosa che noi davanti allo schermo non possiamo vedere. Anche i suoi inseguitori si fermano e di colpo e si mettono a fianco dell’uomo che fino a un attimo prima volevano uccidere per fissare l’orizzonte. E tu dici: no… non staranno mica fissando quella cosa li vero? E invece si! La camera si gira e il pubblico vede le tre caravelle e Cristoforo Colombo che sbarcano di fronte agli indios. Gesù… è così pacchianamente oltraggiosa come scena, così troppo tirata che ci sta. Quei tre minuti di film mi sono rimasti in testa per anni. E niente purtroppo su questo sito trovate queste trashate quindi sappiate che a noi piacciono ed è piaciuto il film. Mica siamo critici musicali, mica scriviamo di cinema.

Cosa c’entra con Interstellar? Non tantissimo ma c’entra. ATTENZIONE MENOSI DA ORA IN POI SPOILERIAMO TUTTO. QUINDI: SPOILER!!! SPOILER!!!

INTERSTELLAR
Interstellar come tutti sapete è il nuovo film di Cristopher Nolan con Matthew McCounaghey come protagonista. Lo hanno pompato così tanto in questi mesi che è stato considerato il film dell’anno ancora prima che uscisse. E per tanti versi è il film dell’anno. La scena di cui sopra parlavamo è solo per rimarcare che in effetti è un’americanata totale, ma funziona da Dio. Succedono cose che nemmeno nei fumetti sono possibili, scene nello spazio che rendono anche Armageddon un film trattenuto a confronto… ma in fondo chi se ne frega? Chi lo ha detto che il cinema deve svolgersi su un piano narrativo razionale? Perché mai dovrebbe seguire le leggi della realtà? Perché non pagare il biglietto per vedere un film che ti inchioda alla poltrona? Perché non godersi lo show? Il cinema è una forma d’arte, non deve per forza dare delle risposte ai problemi della vita, deve piuttosto fornire interpretazioni, far riflettere. E qui succede.

In cinquant’anni Hollywood ha prodotto e dato vita a una lunghissima serie di film a sfondo post apocallitico (genere che anche prima, da decenni, ha dato grandi soddisfazioni). Dopo l’11 settembre la minaccia è stata più subdola. C’era sempre una causa nera che minava la sicurezza di una parte della civiltà. L’estinzione della razza umana arrivava dallo spazio (Melancholia), virus letali (Io sono leggenda, 28 giorni dopo), alieni malvagi (La guerra dei Mondi), zombie (World War Z). Interstellar parla della stessa cosa: la fine del mondo che noi tutti conosciamo ma per mano dell’uomo. E questa è una prospettiva assolutamente più realistica che mi fa pensare a un film quasi ambientalista. Succede qualcosa che non ci è dato di sapere, quella che i personaggi chiamano una “piaga”, ovvero una qualche catastrofe ambientale. Il mondo vive sotto i colpi battenti di tempeste di sabbia, il grano è sparito si coltiva solo il mais e l’ocra pure muore. Si sa solo che sono morti sei miliardi di persone, ma il pianeta si sta piano piano ripopolando. Fa impressione vedere come i protagonisti convivano con la sabbia, tenendo i piatti rivoltati all’ingiù a tavola e spolverandola di continuo dentro a queste case piene di sabbia sui pavimenti, sui quadri, sulle fotografie. McGunaghey ha il volto arancione per la sabbia e il sole che prende nei campi. Era un grande e promettente astronauta ma adesso gli tocca fare il coltivatore. Il mondo non ha più bisogno di ingegneri, ha bisogno di agricoltori, perché quando si sarà estinto anche il mais cosa mangeremo?

Intanto la gente si ammala ai polmoni per la polvere e la terra rinsecchisce come un corpo che muore, lentamente, mentre nessuno riesce a capire come fare a salvarla. Questa metafora della sabbia con cui convivere è fantastica. Sarete angosciati nei primi minuti del film a vedere questi scenari desolati e opachi, questi tornado marroni che si abbattono sulle città. Eppure i protagonisti vanno a scuola, si innamorano, giocano a baseball, fanno la loro vita. Metteteci l’inquinamento al posto della sabbia e ditemi se non è la stessa cosa. É qualcosa con cui conviviamo no? Escono studi e ricerche ogni giorno che segnalano il livello di peggioramento delle condizioni ambientali ma noi continuiamo a guardare le serie tv, a programmare le ferie per l’anno prossimo a comprarci un buon profumo di Calvin Klein.

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Più volte durante i primi quarantacinque minuti si fa riferimento al fatto che questo pianeta lo abbiamo trattato male troppo a lungo e ora ne paghiamo le conseguenze. Addirittura ci sono libri di testo riscritti dove si insegna a scuola ai bambini che l’allunaggio del 1969 era solo una trovata pubblicitaria e che l’uomo non era mai andato sulla Luna. E qui entra in scena il secondo grande occhiolino strizzato del film dopo la causa ambientalista: la Nasa (ps seguitela su Instagram perché fa godere).

L’agenzia governativa responsabile del programma spaziale americano che un tempo era la medaglia d’oro della scienza americana oggi è in forte crisi. Gli Shuttle sono stati messi in pensione, le missioni non hanno più pubblico, non trovano investitori e l’ultimo lancio è stato una catastrofe. All’agenzia manca un grande sogno, un obiettivo per risorgere. In Interstellar la grande missione è portare la popolazione della terra su un altro pianeta. Già ma dove? Ecco fino al primo tempo sapete solo questo. Poi viene fuori che la Nasa, che tutti erano convinti fosse chiusa, sta continuando a lavorare in segreto e ha scoperto un buco nero che prima non esisteva accanto a Saturno. Quel buco nero è stato messo li da qualcuno, da dei misteriosi “altri”, che non sai chi siano se alieni, Dio o una civiltà come la nostra. Dietro al buco nero una galassa con nove pianeti potenzialmente buoni per noi. Lo sappiamo perché c’è andato Matt Damon con altri 8 astronauti, ognuno su un pianeta diverso.

McCounaghey è colui che guiderà la spezione nel buco nero per riportare indietro gli altri astronauti e capire se l’umanità può andare a vivere al piano di sopra dell’universo che conosciamo.
Ecco da qui in poi dovete essere pronti a tutto perché sarete immersi in lunghi minuti di delirio. A tratti il film è incomprensibile tipo quando si parla di fisica quantistica, altre galassie, buchi neri, relatività del tempo e dello spazio etc. Ci sono teorie complesse strampalate e farraginose sulla gravità, sulla relatività del tempo e ci sono momenti di imbarazzo come quando si allude al fatto che l’amore è una forza in grado di trascendere spazio e tempo, che può diventare un’equazione e che è la nostra salvezza.

Questo non è un film che potete vedere in dvd o in streaming, qui vi tocca di andare in sala altrimenti non ne sarete investiti. Dovete sentirvi sfondare la pancia dagli altoparlanti e dalle vibrazioni dei bassi mentre la navicella cerca di scampare a un’onda alta chilometri su un pianeta di acqua marina alta fino al ginocchio, senza terra senza niente. Vedrete pianeti con le montagne che scendono dal cielo e canyon ghiacciati e inospitali, per un attimo vi calerete nel film e vi immaginerete di dovervi beccare un futuro del genere. E dovete sentire la paura del buio e i disperati gridi “Non vedo niente è tutto nero” dell’astronauta che tenta di comunicare con la base. In quel buio cosmico c’è una delle più potenti immagini di solitudine e paranoia mai messe sul grande schermo.

Ai critici non è piaciuto, a noi si. Ma noi si sa che non capiamo un cazzo.

Emilio Periferico

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