Non sono in imbarazzo, è che mi disegnano così

Le facce di Bob Dylan quando ritira i premi
13 Ott 2016

Ho già letto commenti al veleno e parallelismo del Premio Nobel per la letteratura e il festival di San Remo, in occasione di questa assegnazione del riconoscimento  Bob Dylan. Penso che siano commenti un po’ futili e ingiustificati. Il Nobel ogni anno nomina i personaggi di spicco in diverse discipline. Nei campi delle scienze i vincitori sono sempre dei luminari, dei pionieri. Dylan prende il Nobel per la letteratura, che è di per se l’aria fritta. La letteratura è un pensiero astratto che nella testa mia è una cosa e nella testa di un altro è l’opposto. Non me ne frega niente del premio Nobel. È una di quelle cose che so che esistono ma che non influenza minimamente la mia vita. Delle volte ho letto scrittori che non sapevo nemmeno fossero dei Nobel e mi sono piaciuti. Altri ho provato a leggerli proprio perché lo erano e ho buttato via il libro (gli ultimi due Nobel ad esempio che due palle immani).

Dylan è un caso a parte. È un riconoscimento che gli viene dato in vita, uno dei tanti, per essere stato il più grande in tutto. Lui ha fatto letteratura anche solo passandosi una mano tra i capelli, o scrivendo due righe a caso. Lui è la letteratura. La sua musica è letteratura, i suoi testi, la sua metrica, la sua parlata sbiascicata lo è. Se non avete mai letto niente di suo buttatevi subito in Chronicles. Vol.1 per cui si era già parlato di Nobel subito dopo l’uscita o, se ci riuscite, sparatevi Tarantula. C’è una frase di Nietzsche in Ecce homo, che lo riassume bene «Nei miei libri si respira l’aria delle vette». Questa autobiografia vol.1 che non ha mai visto un volume 2 e per cui non era forse neanche previsto, è uno di quei libri. La sua prosa ce l’hanno solo i grandi poeti americani, poi Faulkner e qualche altro, ma pochi.

Il fatto è questo. Dylan stesso sarà imbarazzato per questo premio, me lo immagino che guarda al cielo come a dire: oh Gesù. Ne ritirerà uno al mese di premi tra lauree ad honorem e riconoscimenti. Sarà imbronciato, farà storie in casa perché non vuole andare a ritirare il premio, farà un po’ il grumpy cat di se stesso. Lo premiano da tutta la vita ma non lo avremo mai premiato abbastanza.  Aspettiamo con ansia il video di quando ritirerà il premio perché quando siamo fortunati si comporta così:

Grammy alla carriera nel 91. Qui al secondo 0.37 scappa e lo prendono per i capelli e lui fa un numero da urlo. «Ehmmmm, siii, mio padre mi disse… (silenzio 5 secondi) mi disse un sacco di cose» e giù tutti a ridere come matti

Qui gli viene chiesto di premiare qualcuno e lui non si cura dei silenzi glaciali che crea, guarda lo schermo scoglionato e poi alla fine procede. Immenso.

Qui sta in piedi fermo a ricevere complimenti, scuote la testa, sbadiglia è visibilmente disperato e niente… non dice niente

Qui c’è la cerimonia della medaglia d’onore consegnata da Obama in persona. Niente, non spiccica parola, sembra un nonno al parco, da una pacchetta a Barack e se ne va in fretta

Qui prende l’Oscar per Things have changed, tutti applaudono pazzi di gioia, lui riesce a ringraziare anche la signora delle pulizie, ma non tradisce un’emozione.

Qui Springsteen gli fa una intro da piangere, lui sale su sbronciola due cose e conclude con un peace & love. Tutti suonano Like a rolling stone e lui sembra voglia solo andare a casa a fare il blues.

Ray Banhoff

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