Un bancone. Un ragazzo. Una donna. E tante, troppe cose che passano in mezzo, dietro, davanti, dentro. Un racconto che non inizia e nemmeno finisce. Foto di Giorgio Serinelli #labrutepoque

In fondo al bicchiere
16 Apr 2014

Stavo per farlo. Ero lì. ho sentito quella leva dentro che avrebbe innescato il fiume di alcool da ingerire per proseguire in quella strada. sarei stato dinuovo dalla parte del banale. un’altra sconfitta della mattina dopo. ho provato a nascondermi come facevo ieri dietro all’idea di giovane, veloce, agile. ho provato a schivare l’amore che provo per le cose. Mi sono sentito piccolo piccolo, come quando dici una cazzata nel momento meno opportuno. Fai finta di niente e pensi che tra tre secondi nel mondo si saranno dette così tante cazzate che la tua è passata ormai e nessuno se la ricorda più. Io me la ricordo. che infinita tristezza. la leva a ogni modo si era mossa. Mi ritrovai al banco che davo gli auguri di buone feste all’oste con i soldi in mano. quando la leva si muove è un secondo, tutto viene meno.. bello o brutto che sia, sta succedendo. ho sostenuto di odiare i soldi e di non averne poi così bisogno. li avevo in mano ancora prima di sapere cio che volevo bere. Mi sentivo ammirato, lei era lì che le brillavano gli occhi.. forse provava quello che provavo io, il tepore prima dell’azione.

Oh ciao. Ci vediamo domani. Te che fai? Ma un cazzo, sono stanco. Bon dai.

Beviamo. odio il silenzio imbarazzante ma allo stesso tempo so che non sono assolutamente in grado di affrontarlo. non so dire cose a caso interessanti. non ne ho voglia. sento che le parole che ci stiamo dicendo sono vuote e prive di quel sano disinteresse alla base dei buoni rapporti. il punto è scopare, lo sappiamo entrambi. il punto è fare un’altra puntata, un altro spot un’altra foto. incomincio a chiedermi se continuare. l’alcol mi rassicura e i grandi pesi di coscienza sembrano essersene andati con i miei amici poc’anzi. il giallo del bar mi restituisce il vigore e la parlantina che tenevo nascosta nella vescica. Sono pronto a stare al gioco, a fottermene, ad apparire quello che non sono.
Bevo ancora.
torno fuori.

penso a quante cose vorrei fare, le stampanti 3d, l’impegno politico.. il nuoto. appoggiato alla macchina mi rendo conto che non ho idea di come realizzare anche una sola di quelle cose. non mi do per vinto e continuo a broccolare. quei 5 minuti al bar da solo mi avevano fatto l’effetto di una pisciata lunga nei campi. volevo essere amico di tutti. non ero ubriaco, anzi mai così lucido. il tipo di fronte ha fatto un mega viaggio con la macchina balcani-turchia. che ficata. il viaggio della sua vita, l’ha cambiato. è una persona migliore dice, anche io penso che l’abbia cambiato il viaggio. adesso anche lui può dire di essere una persona migliore.

in un secondo mi sono reso conto di quante volte ho detto cazzate simili io. che peso. ora dentro di me altezzosamente sminuisco il racconto del tipo, lo metto tra quelli che fanno i viaggi avventurosi e poi tornano cambiati e io sono peggio di lui, lo avverto come un nemico in realtà, un concorrente.. lo considero anche più brutto.. ma il punto vero è che di lui alla fine non me ne frega neanche un cazzo. nel mentre siamo quasi diventati amici. bevono grappe.
lei mi ingaggia con domande su perché  e percome del passato. ne voleva.  schivo quell’aggressione sessuale volando un po’ più in alto delle sue parole, realizzo che ho bisogno di volere davvero parlare per parlare. un fulmine di operatività. il suono di una tromba moldava ha riempito la strada in quel momento.
mi congedai.
mi sentii felice per la prima volta nella giornata
In fondo siamo legati da piccoli eventi senza cuore

Fede Perro

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