I 5 anni di Ray vicino vicino a Leone di Lernia

All’anima di chi te muort, Leone
1 Mar 2017

Negli ultimi anni era giunto a una sorta di sintesi, un verso gutturale e ispido con cui scimmiottava un handicappato e mugolava a voce alta (possibilmente in posti affollati) DAAAAA-DAAAAA. La gente lo guardava infastidita in modo sinistro come se fosse la creatura di un mondo a cui nessuno voleva guardare. Leone Di Lernia lo faceva apposta per rompere i coglioni e per affermarsi prepotentemente sugli altri. E ci riusciva.
Ho lavorato per cinque anni a Radio 105 e la prima persona a cui sono andato a porgere la mano fu Leone. Gli dissi: sono cresciuto con TI SI MANGIATE LA BANANA. Mi lasció finire, fissandomi in silenzio con una evidente sicurezza di sé, poi declamò: RICCHIONE! CHI TE MMUORT! Non avevo mai sentito un uomo della sua età parlare così. Rimasi spiazzato. Anni dopo mi ribattezzò: GESÙ CRISTO. Mi chiamava così per la barba. Mi chiese di memorizzargli nell’iPhone il mio nome come GESÙ 105 mi pare. Aveva un iPhone con i caratteri giganti perché non ci vedeva. Era anziano, aveva la stessa età di Berlusconi e se ne vantava.

L’ho visto tutti i giorni della mia vita lavorativa per cinque anni. Eravamo in confidenza. Gli facevo una foto e mi faceva: fa vedere! Non sei buono a fa le foto Gesù! Certi giorni, dal niente, mi avvicinava e mi ripeteva: Gesù Cristo tu non ce la farai MAAAAI. Tu non sfonderai MAAAI. Io sapevo che intendeva esattamente il contrario ma non glielo davo a vedere. Mi ci scornavo, gli davo contro. A volte ci passavo mezz’ore intere scappando dal lavoro e rifugiandomi a oziare al Moscova7 il bar sotto l’ufficio, lui mi diceva: nel tuo ufficio GESÙ siete come i carabinieri: in cinque per mandare un fax. Uno fa il numero, uno mette il foglio, uno fa un bocchino alla puttana de sorata! Sempre questa cosa mi diceva. Sempre così. Sempre al bar Moscova7, dove Leone urlava con il proprietario Roberto (altro personaggio epico) e pranzava rigorosamente accompagnato dal fedelissimo Paperino di Pap’s n Scars con cui formava una coppia tanto strana quanto unita, o talvolta da suo figlio Davide. Quando non era molesto o lamentoso, il bar era come se fosse suo. Leone troneggiava all’ingresso canticchiando canzoncine scabrose e invadendo i passanti. La gente non sapeva come sottrarsi alle sue grinfie. Guardava un signore di mezza età e con la vocina da bambino diceva: lui si fa inculare dai trans, indicando me o chi aveva accanto. Oppure mimava in silenzio e con una dinamica facciale impressionante il gesto del pompino inseguendo qualcuno. Quello non si accorgeva di niente, ma tu assistevi allibito e divertito alla scena. Alcuni ne rimanevano terrorizzati, turbati. Altri non riuscivano a smettere di ridere e chiedevano bis in cui lui si dava, incurante di perdere ogni dignità pur di essere al centro dell’attenzione. Trovandomi in strada con una mia amica che non conosceva le disse: mia figlia alla tua età succhiava i cazzi ai cavalli. Ho i video! Io ridevo, lei ancora oggi lo ricorda irritata. Era uno che divideva, Leone. Lo spettacolo era la sua vita. Trasformava il marciapiedi in un palco.

Una volta passò una coppia gay tipica milanese, vestiti da dio e improfumati, con un barboncino col cappottino. La coppia lo riconobbe e passò oltre. Lo guardavano un po’ schifati e lui li fissò in silenzio lasciandoli sfilare e seguendoli con lo sguardo da bambino matto. Una scena da western, tutti si aspettavano il peggio. E quando il pericolo sembrava scampato e la coppia fu di spalle lui ululò a tradimento: il cane è ricchione! E tutti giù a ridere. Questo era Leone. Era un rompicoglioni unico, girava con il suo iPhone pieno di video porno in cui dei negri superdotati si sbattevano le vecchie. GESÙ CRISTO, GUARDA QUA! La maggior parte delle volte lo evitavo perché se avevo una giornata così così lui era capace di infierire fino a sfinirmi. Se capiva il tuo punto debole eri finito. Gesù Cristo, mi diceva, vai in un posto in stazione centrale ci sono le vecchie che se te le scopi ti danno 5000 euro ma tanto non lo fai Gesù perché tu non ce la farai maaaaaai.

Leone young

A volte invece si apriva e tirava fuori una saggezza da uomo di mondo, da uno che ne ha viste tante. Era lo stereotipo del terrone che ha avuto successo, ostentava foto abbracciato a De Niro, a cena con Berlusconi (ora che ricordo era Berlusconi che cenava e rideva come un matto mentre Leone teneva banco facendo casino davanti al tavolo un po’ imbucato). Chiunque veniva in radio ci si fermava a parlare. Chiunque. Lo prendevano in giro ma poi non potevano fare a meno di farcisi una foto. Leone viveva per essere riconosciuto ma non conosceva spesso i vip che lo adulavano. E tu chi cazzo sei? Era solito dire a gente famosa. Mi pare Santamaria una volta chiedesse allibito ai conduttori di 105 Friends: ma quello è matto?

Si concedeva a chiunque senza limitarsi mai. A volte diceva delle verità assolute che poi rinnegava ritornando nel suo atteggiamento passivo aggressivo, ma intanto le aveva dette. Così quando gli proponemmo di intervistarlo per WNR accettò e ci fece un gran favore. Andai a prenderlo in macchina a casa e lo portammo in studio da Toni. Era la prima volta che chiedevamo a un fotografo così importante di collaborare con noi e incrociavamo le dita: speriamo non ci faccia fare figure. La stretta di mano tra Toni e Leone fu epica. Leone serio disse a Toni: sì, ti conosco. Ottimo inizio. educato. Poi concluse: sì, ti conosco, tu succhi i cazzi in stazione centrale. Io e Moreno ci guardammo terrorizzati, poi scoppiammo tutti a ridere, Toni più forte di tutti e Leone si mise in posa. Gli vennero fatte le due foto più belle che gli sono mai state fatte ma lui manco le ha mai guardate. Perché era così. Ti faceva bestemmiare tanto era testardo. Aveva la smania di apparire ma poi si atteggiava come se non gliene fregasse niente, parlava del suo momento più alto di celebrità come con disprezzo, scoglionato. Eh sai che novità? pareva dirti. Parlava di sé come del più famoso dei famosi: OH GESÚ CRISTO A ME MI CONOSCONO TUTTI. Ed era vero. Viveva tempestato di telefonate perché allo Zoo di 105 davano di continuo il suo numero in onda. Lui rispondeva in vivavoce seduto sulla panchina del marciapiede del Moscova7 in modo che tutti potessero sentire. E li abbaiava insulti a gente che lo chiamava per insultarlo. Spesso si trattava di ragazzini. Ma lui non risparmiava L’ANIMA DE CHI TE MMUORT! a nessuno. Era il suo show. Lo incontravi camminare tra Turati e Moscova col borsello e il cellulare sempre in mano. Parcheggiava la Punto (che guidava pure bene) in doppia fila o sul parcheggio residenti, smoccolando. Quando eri felice magari per un motivo personale lo salutavi da lontano e lui ti rispondeva sorridendo, dandoti spago, sembrando per una volta “contenuto”, per poi chiudere con un: CIAO RICCHIÓ! O DAAAA-DAAAAA. Era sempre Leone. Sempre. Non staccava mai. Ti faceva sentire che eri tu il vecchio tra i due.

Non beveva, non fumava, odiava le droghe. La sua unica droga, ti rispondeva, era stata la fica. Aveva sempre aneddoti svilenti su chiunque, raccontava segreti e pseudo segreti di vip. Mazzoli in primis. Di lui diceva: se io muoio si ammazza, vive per me, senza di me si sente perso. Poi quando i vip li aveva davanti un po’ li lisciava e un po’ si faceva lisciare. Era lavoro. Era il suo personaggio.
Ieri mattina avrebbe goduto come un pazzo a trovarsi come notizia di apertura del Corriere.it. Abbiamo fatto il botto, ti avrebbe detto gongolando. E poi come sempre concludeva: OH CHI TE MMUORT! LEONE DI LERNIA NON MORIRÀ MAAAAAAI. lo diceva sempre. Mi viene da piangere sorridendo a pensare che è morto ma al tempo stesso qualcosa mi fa dire che aveva ragione. Leone Di Lernia non morirà mai.

Ray Banhoff

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