È morto Arno, questa estate.
Giusto il tempo di conoscerlo,
di farsi raccontare pezzi della sua vita
Lo porti un registratore, mi ha chiesto.
Sì ce l’ho nel telefono, gli ho risposto.
Bene, ha detto
Ma non l’ho mai acceso.
Mi ha aspettato con una bottiglia di vino,
ma fare fuori mezza di rosso alle due di notte non mi sembrava una scelta saggia.
Che poi, la saggezza.
Bisogna avere rispetto per i pazzi, santo iddio.
Nessuno è pazzo quando hai conosciuto un pazzo vero.
Bisogna meritarselo come titolo.
Arno ha provato a rapinare una villa arrivando via lago con una barchetta e un cane, poi dimenticato lì.
Arno voleva far scolpire al vento, sopperire al tormento
affacciandosi sul vuoto.
Come il piccolo balcone della sua casa.
Ci eravamo dati appuntamento in Marocco a Natale, e la mattina del giorno in cui è morto, quando mi sono svegliato, ho sentito la sua presenza, forte, ho pensato che in Marocco non c’ero mai stato. Mi sono convinto che prima di morire, un attimo prima, anche lui ha pensato: cazzo, non ci sarà mai un appuntamento in Marocco.
Una volta mi ha stretto il braccio, dicendomi: i bambini devono fare quello che vogliono
Un’altra mi ha rincorso sulle scale e mi ha detto: i bambini, esseri inutili
Un’altra mi ha raccontato di quando passò tre mesi a lavorare su una barca
Una sera mi ha raccontato di quando ha conosciuto sua moglie, trovata a 14 anni e baciata a 18, forse.
Perché non ascoltavo bene.
E non registravo.
Avevo freddo, avevo sonno,
e non volevo bere.
Ciao, vado a letto, gli ho detto.
Arno si ricordava i modelli delle auto, per lui le autostrade andavano chiuse e lasciate agli skater, agli artisti, ai liberi.
Che fine faranno tutte le sue sciarpe, mi sono chiesto. Erano belle, sai?
Il suo bracciale lo indosso quasi sempre, lo tolgo per dormire.
Ché il sonno non è per i folli, non è per gli inquieti, non è per chi non ha tempo.
Regalava tutto in quei giorni.
Parlava del passato.
Faceva i conti e io non lo sapevo.
Non mi porterà a vedere il parco di Not Vital sotto casa sua.
Pazienza.
È così.
D’altronde Arno, non credo in Dio, non credo in granché, mi sento irrimediabilmente solo.
Soprattutto quando mi hanno detto che eri andato.
Un pazzo in meno. Un pazzo vero.
D’altronde Arno, non c’è salvezza per chi urla e si dispera,
per chi muore per dispetto, per chi a un certo punto dà disdetta.
Non c’è salvezza per questa gente qui
e d’altronde
questa gente qui
manco se l’aspetta