Tutto ciò che so è che qui diventa ogni giorno più difficile. Eli perde il lavoro e se ne va in Messico come cantava Vasco, a Elena il lavoro naufraga nel giro di una settimana, fuori c’è il disastro, vedo gente che rinnega cose che ripeteva da 8 anni per crearsi un personaggio che sia uno, lontano da tv e riflettori vari e dentro ste cose che si chiamano social ma che il sociale lo hanno fatto diventare un concetto tutto strano. La Cri mi scrive che sta un po’ così perché è stata a Parigi e ha avuto l’ennesima storia con un tipo parigino, che vede e frequenta solo quando va lì. Io leggo i suoi messaggi su WhatsApp e non so più niente, niente, tutto ciò che so è che non riesco a vedere più in là di un metro. Precarietà. Mentana dice cose sacrosante cazzo a una ragazza di 23 anni, le spiega che manifestare serve e che la sua generazione (ma pure la mia) deve liberare almeno una mano da uno smartphone o uno spritz e prendere un cartello con su scritto: ora basta.
È tutto precario da queste parti oramai, è una roba generazionale, relazioni, case, lavori, solo che il più delle occasioni non solo è precario, è pure vacuo. Sterile. Mettiamo insieme e dissipiamo. Occhio alle parole: mettiamo insieme non costruiamo; dissipiamo, non distruggiamo. Come se tutto fosse virtuale, pixellabile, possibile di reset.
I.
La mia generazione c’è dentro fino al collo. È tutto più facile (scopare, ad esempio) ma anche più difficile, tutto più etereo ma meno inquadrabile. Non so. Siamo fluidi, non c’importa un cazzo più di niente, come se non stesse a noi, come se non cambiasse la nostra, di vita. Brexit? Ma sì, fino al giorno prima andavamo di selfie ed emoji, poi parentesi Master in Economia, e poi di nuovo selfie ed emoji. Prepariamoci al peggio: tra poco in Italia ci sarà un referendum di portata storica. La cosa che mi rattrista è che tutti i miei coetanei e quelli più giovani di me parlano per sentito dire, la propaganda è l’ultimo trend e uno voterà sì o no – se andrà a votare – solo perché il M5S dirà di votare sì o no o perché Renzi gli sta sul cazzo o perché darà retta ai social influencer, mica perché si è informato e ha sviluppato una sua idea in merito. Qualcuno dirà: ma nessuno spiega bene come stanno le cose. Ma vaffanculo: aspettare il padre putativo che ti spiega cosa pensare è un atteggiamento tipicamente nostrano.
[pullquote]È tutto precario da queste parti oramai, è una roba generazionale, relazioni, case, lavori, solo che il più delle occasioni non solo è precario, è pure vacuo. Sterile.[/pullquote]
Molti anni fa lessi un editoriale sul Corriere della Sera. Era firmato da un economista all’epoca considerato molto autorevole e indipendente. Diceva: “Dobbiamo rassegnarci al fatto che una intera generazione sia ormai perduta”. Era il 2009. 2009, capite? Quella era la nostra generazione. Chi scriveva si chiama Mario Monti. Aveva ragione.
A San Francisco gli affitti delle case sono saliti di brutto, gli unici a poterseli permettere sono i ventenni che lavorano nel digitale, i 40enni che di competenze digitali reali ne hanno poche, ciao, si fanno da parte. A Milano la gran parte di miei amici di 30-35 anni vive con modalità post universitarie, stanze singole in appartamenti condivisi, gran casini e piccoli acciacchi che cominciano a farsi sentire, gran casini e culi che cominciano a cedere.
II.
Precarietà. Sterilità. Immaturità congenita. Spesso mi confronto con gente che l’ultimo modello di Nike ai piedi lo ha, ma se gli mandi un messaggio per parlare come persone adulte di un problema visualizzano e non rispondono.
Poi ci sono le eccezioni, la situazione non è così piatta ma è complessa, sfumata. Poi per fortuna ci sono quelli tosti, quelli che salutano e se ne vanno in Puglia, quelli che comunque sgomitano. Investire sui propri talenti. Ci hanno insegnato che bisognava avere almeno 6 a tutte le materie. Fanculo. La realtà di oggi ci sta insegnando che se hai un talento devi puntare su quello. Sei bravo a cucinare? Cucina. È inutili che perdi tempo con la matematica. Alla matematica ci arriverai dopo quando capirai che ti servirà per cucinare meglio. Le eccezioni, dicevo. Poi anche tra di noi ci sono quelli che TRAGUARDANO. Traguardare: guardare attraverso gli ostacoli. È il verbo che mi piace di più, che preferisco. Il prossimo numero di Urban lo faremo su questo verbo.
La declinazione si ferma alla prima persona plurale:
Io traguardo
Tu traguardi
Egli traguarda
NOI TRAGUARDIAMO.
[pullquote]Ci hanno insegnato che bisognava avere almeno 6 a tutte le materie. Fanculo. La realtà di oggi ci sta insegnando che se hai un talento devi puntare su quello.[/pullquote]
A mia figlia che ha compiuto 10 anni e che parla male, ha un equilibrio precario e per lei la vita sarà davvero difficile, ecco lei è la prima persona a cui voglio insegnare il significato di sto verbo. Traguarda, Virgy. Impara a traguardare. Tu che sei precaria come i miei amici, solo in un modo diverso, e che a me di ritorno hai trasmesso tanta solidità e voglia di costruire. 10 anni fa nascevi. Le prime cose di quei giorni che mi vengono in mente: quando esci e ti prendo in braccio e ti dico benvenuta e mi giro verso Ginevra e le dico ” è uguale a me”. Ginevra mi dice smettila e poi la guarda e fa: “oddio, è vero”; che passo tutta la notte a mandare messaggi in una camera al buio su un lettino da ospedale; la faccia di Pablo, che quando ti vede si commuove; i raggi del sole che entrano nella stanza in cui un dottore comunica a me e Ginevra che hai la sindrome Cri du Chat; la telefonata a mio padre quando gli dico trattenendo il pianto che hai una malattia rara e lui risponde come un padre dovrebbe sempre: stai tranquillo, ci siamo qui noi. Poi una bellezza infinita, che dura tuttora. Di fatiche, di lotte, battaglie, di amore, di inquietudini, vere come ciaffate, di momenti di una dolcezza incomprensibile ai più, di comunque vada che vuoi che sia, di incertezze e paure del vuoto.
Tutto ciò che so Virgy, è che il caos mi appartiene, che posso essere sublime solo se provo a sconvolgere, che sono in crisi da una vita e forse è proprio questa la mia fortuna, come cantava quello là, che fuori il mondo è buio ma laggiù – se traguardi – esplode di luce.
Ti ho sognata l’altra sera. Camminavamo, di anni ne avevi 14 ed eri alta come me. Parlavi molto meglio di adesso ma non benissimo. E mi ha fatto strano perché di solito quando ti sogno parli sempre perfettamente, stavolta no. 10 anni fa ero un bimbo. Ora tu sei una ragazzina. Io quasi un uomo. Ora la smetto ok, che poi divento patetico e qui c’è ancora un sacco di strada prima di arrivare.
Signori, questa è l’ultima Considerazione di uno Sconfitto. Forse. D’ora in poi traguardiamo. È Dedicata a chi si avventura, a chi si informa, a chi vince perché ha paura di perdere, agli sconfitti e a chi sbaglia. Soprattutto a chi sbaglia.
State all’erta. Basta con sti spritz.