La futura (probabile) morte di Tumblr, Le Instagram Stories, gli anni 80 prepotenti di Stranger things, i Pokèmon e così via così via fino a spronfondare nella:

Digital Ephemera
12 Ago 2016

È ferragosto, state cuocendo lontano dagli uffici, un signore simpatico vi ha servito la cena ieri sera al tavolo con il vostro compagno/a, siete ispirati dai luoghi nuovi in cui vi trovate e vi sentite energici e pieni di vita. Il telefono manco lo controllate. Ma il mondo va avanti e noi vi diamo una mano con un post a tutto tondo su argomenti random.

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Tumblr

Si legge in questi giorni che Tumblr fa perdere soldi a Yahoo! Io non sono un esperto di social network e non mi voglio addentrare in analisi strampalate, ma se mai dovesse chiudere Tumblr per me sarebbe un problema. Di tutti i social che esistono l’unico che sento veramente mio è Tumblr. Gli altri ci sono ma ci sono in un modo che non li vedi. Il contenuto è il vero motivo per cui stai li ore a scrollare e rebloggare. E anche il modo in cui ne usufruisci mi esalta: funziona per libera associazione, per ispirazione. Non c’è bisogno per forza di mettere una ridicola foto di noi stessi per avere l’approvazione degli altri, ne’ c’è bisogno di esprimere qualsiasi opinione, basta condividere solo ciò che si vuole, che ci piace. È piacevole starci anche solo per gli occhi, perché a volte guardare le immagini e basta senza nessuna spiegazione fa veramente bene.

Ora da quello che leggo uno dei punti a sfavore di Tumblr sarebbe che ha inserito tardi la funzione dei video live e che Yahoo! non investe su mobile. Insomma il problema è che Tumblr non si sta omologando al trend degli altri social del momento: condividere la propria merda anche in forma di video. Come Instagram ad esempio che ha introdotto questa notevole funzione “stories”. Una funzione brutta, che rende la gente ridicola e Instagram ancora più brutto di quello che già era.

 

Pokémon Go

La bolla Pokemon Go è stata la manna dal cielo del web dell’estate, finalmente c’era qualcosa di cui parlare. Di una cosa mi sono reso conto: tutti ne parlavano ma quasi nessuno lo aveva scaricato. Lo odiano a prescindere per sentito dire, senza aver avuto un esperienza diretta. È solo un giochino. Divertente i primi cinque minuti e poi noiosissimo dopo, almeno per noi adulti. Per i bambini invece è la svolta totale, vanno in fissa. Giustamente la gente normale ci si rompe le palle entro la prima sera, i nerd magari durano qualche settimana, ma i più belli sono sempre gli hater che sono scandalizzati a prescindere, che odiano. Classico il commento ormai: ma andate a lavorare invece di cercare i Pokemon. comunque pare che abbia generato decine di milioni di dollari in utili in poche settimane e che abbia salvato Nintendo dalla morte, quindi magari è una cosa interessante. Oltretutto l’idea di usare la fotocamera dello smartphone per proiettare i Pokemon, quindi il gioco, nella realtà è stupenda. I giornali fanno a gara per ospitare psicologi preoccupati e indignati e parlare di incidenti alla guida causati da rincoglioniti che cercano Pokémon, ma se sprecassero lo stesso fiato per parlare della forza innovativa di questo videogame o del modello di buisness che c’è dietro, ecco forse sarebbe utile anche quello.

 

No man’s sky

Sono settimane che un mondo di videogiocatori aspetta l’uscita di No Man’s Sky ma non è un argomento nerd e ne parlano i siti più fighi da The Verge a Mashable. Si tratta di un videogioco per ora unico nel suo genere, puoi esplorare un universo con decine di migliaia di pianeti, ecosistemi tutti diversi generati da un algoritmo matematico. Le dimensioni dei pianeti sono reali. Cioè atterri su uno e ci puoi stare una settimana come venti minuti e magari non c’è nulla o ci sono bruchi congelati e cammini per ore o voli con l’astronave in silenzio. Lo scopo quasi non c’è se non il viaggio stesso. I pianeti sono quasi infiniti e ognuno è diverso dall’altro. È come l’ipotesi di un limbo di bit in cui affondare. Un oppiaceo digitale. L’altro giorno giocavo a GTA e pensavo che anche se non potevo essere in vacanza a Los Angeles un po’ godevo anche con la Playstation, mi sembrava di starci per davvero girando su un auto rubata al tramonto mentre scorrevo le stazioni radio che passavano hip hop e blues. Sarà che è ferragosto ma ne ho una strana voglia, vorrei sparire da questo caldo cemento e volare tutta la notte nello spazio siderale a osservare dinosauri  che mangiano erba e pianeti ghiacciati.

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Il pezzo di Rockol che ha generato odio

C’è un pezzo uscito su Rockol che ha generato un sacco di disgusto. Si chiama: Ma a che serve continuare a fare così tanti dischi? Non conosco chi lo ha scritto e leggendolo mi pare che dica cose abbastanza legittime. Gli unici in cui ha generato disgusto dei miei amici di Facebook sono musicisti indipendenti e blogger o gente che scrive di musica. La tesi del pezzo è che oggi chiunque può fare un disco e lo fa, ma tutti vorrebbero la visibilità e scrivono ai giornalisti musicali per essere recensiti. il recensore però riceve troppo materiale, perché oggi chiunque può fare un disco, e non può ascoltarlo tutto. Oltretutto sostiene che la maggior parte di questo materiale è spazzatura e che si dovrebbe tornare a quando fare un disco costava e già quella era una scrematura. Un po’ come: quando c’era lui… boh, secondo me è solo un opinione, nemmeno troppo sbagliata, non riesco ad appassioanrmi al tema ne’ capisco lo scandalo che genera. Soprattutto non capisco perché le band invece si prendere possesso dei palchi e suonare suonare e suonare, vogliono farsi recensire i dischi dai giornalisti musicali.

 

Stranger Things

Tutti ad aspettare il ritorno di Mr. Robot e poi si rivela la stagione più pacco di sempre della storia delle serie tv, ma per fortuna c’è stato Stranger Things. Se sei nato negli anni 80 e hai avuto un infanzia non puoi non amarlo. Niente di nuovo davvero, dentro c’è Spielberg dappertutto ci sono i Goonies, E.T., tutti gli stereotipi dei telefilm americani e quell’amore per il vintage che ormai ha rotto, ma è bellissimo. E a volte abbiamo bisogno delle cose belle solo perché sono belle.

 

Instalova

Sempre stando in tema digital c’è l’imbarazzante pezzo di Marracash e Guè Pequeno che si chiama Insta lova. Inascoltabile. Squalificante anche per loro che comunque hanno i loro lati fighi e ci piacerebbe vedere quelli. Un pezzo per un pubblico di tredicenni che però è troppo perso dietro Alvaro Soler e Fedez e conosce Guè Pequeno solo grazie alla rima di Rovazzi “faccio selfie mossi, alla Guè Pequeno”. Rolling Stone con 160 anni di ritardo sul tema (qualsiasi sia il tema) li mette in copertina. Niente questa l’ho scritta non per Guè e Marra ma per ricordarmi ogni volta di quanto mi dispiace che Rolling Stone sia così illeggibile.

Ray Banhoff

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