Da Terry Richardson a Kevin Spacey, quali sono i risvolti delle condanne pubbliche? Servono ancora a qualcosa i tribunali veri? C’è differenza tra io reale e io digitale?

I soliti sospetti
5 Nov 2017

Uh! Com’è difficile restare calmi e indifferenti mentre tutti intorno fanno rumore. (Battiato)

Mamma mia se è difficile, soprattutto oggi. Tutti tuttologi, tutti con una opinione salda, tutti bisognosi di dichiararla al mondo appena ce l’hanno. Ma niente libri, tesi laboriose, documentari, di solito l’opinione si dichiara via status. Tempo di elaborazione di un pensiero: zero. Noi pure che scriviamo ci siamo spesso posti questo dilemma: ma ha senso parlare oggi? Ha senso dire la propria in pubblico? Perché sarebbe un segno di intelligenza spesso stare zitti o ascoltare. Il compromesso è che lo facciamo su un sito dove se uno ha voglia viene oppure no.

Da un mese a questa parte si parla solo di abusi. Finalmente. Bene. Forse la misura era colma, forse per troppi anni si è taciuto su tutto. Due millenni di donne e gay sottomessi e ora finalmente possono dire la loro, è una conquista, un orologio karmico ha segnato che il tempo era giunto. Ma ancora una volta mi pare non si centri il tema.

via gfycat

Netflix vuole far fuori Kevin Spacey dalla serie tv per delle accuse di molestie. Mi viene da dire solo: boh! Per ora c’è una sola denuncia ufficiale in Inghilterra, non c’è stato un processo, ci sono solo dichiarazioni delle varie parti e soprattutto: non ci sono state condanne. Spacey è innocente fino a prova contraria nel mondo reale ma in rete, sui social, è già condannato. la condanna è sui social  ma la sentenza si abbatte sulla realtà! Spacey è indicato come un mostro e tutti lo schifano, gli tolgono l’Emmy (che stronzata) lo emarginano, gli cercano una clinica per curarsi subito! SUBITO! Forse uccideranno il suo personaggio nella serie tv (perché gli americani che sono così umani sono ancora avvezzi a condannare a morte i colpevoli), lo sostituiranno con un altro, non faranno più la serie… Fa ridere. 

Netflix, fino al giorno prima dello scandalo, era super posizionata nel mondo della figaggine anche grazie al personaggio interpretato da Spacey. C’è da dire che Frank Underwood è l’incarnazione del male. Voi mi ribatterete: eh ma quello è un personaggio. Ok e quindi? C’è veramente tutta questa differenza? C’è oggi, nel nostro tempo, questa differenza tra realtà e finzione? L’anno scorso Fabio De Caro, l’attore che interpreta Malammore in Gomorra, è stato vessato pesantemente perché in una scena della seconda stagione (spoiler) uccideva una bambina. E lui li a giustificarsi, a spiegare che era solo un film, ma niente la gente lo insultava, lo minacciava di morte. Lui che faceva interviste, appelli, metteva online video di spiegazioni… tutto inutile.

Esiste di sicuro un confine tra realtà e personaggi, tra mondo reale e mondo digitale o mondo dei social ma è molto labile, specie in questi tempi dove grazie alle identità digitali non esiste più una verticalità. Siamo tutti nello stesso piano orizzontale, tutti vicini, tutti mischiati. Ma siamo veri o finti? Siamo quelli che diciamo di essere sul profilo Instagram o quelli che piangono al mattino in metro? Forse la proiezione di noi sui social è pure preferibile oggi a quella di noi nello specchio in camera, perché almeno lì ti puoi inventare delle stronzate da raccontarti e raccontare. Lì su Instagram o su Facebook è tutto cuori, like e lol, vite strafighe. In quale dei due piani siete davvero voi stessi? In quello dove accusate Spacey su Fb o in quello in cui non leggete nemmeno un giornale per documentarvi sui fatti?

L’unica verità e poi chiudo sul caso è che Netflix non vuole più Underwood/Spacey perché non saprebbe come gestire gli insulti su Facebook di milioni di persone poco e male informate che griderebbero giustizia in nome di chissà quali valori.  Netflix non vuole rogne e sputtanamenti e mette le mani avanti. Punto.

via Terry’s Diary

Stesso problema per Terry Richardson. Io che non conto un cazzo e non sono nessuno e vivo dall’altra parte del mondo ho sempre saputo che Richardson aveva rapporti sessuali con quasi tutte le ragazze che fotografava. Beh pare che quel pettegolezzo fosse vero. Del resto non era difficile da intuire, bastava aver sfogliato Terryworld, edito da Taschen e pubblicato in tutto il mondo in millemila edizioni in bella vista in tutte le vetrine delle librerie cool di Parigi, Milano o New York. Terry era già così importante come fotografo che non serviva nemmeno pronunciarne il cognome per sapere di chi si stava parlando e quel libro non ha che accresciuto la sua fama. Non solo. Per molti fotografi è diventato un faro nella notte, lo hanno imitato, non solo negli scatti, ma nello stile sessualmente esplicito.

Terry è andato avanti col suo stile oltraggioso e ha fotografato tutti. Ma tutti, addirittura Obama per un celebre servizio di GQ. Penso che lo staff del Presidente e Premio Nobel per la Pace sapesse chi fosse il fotografo e per cosa fosse famoso. Penso che se lo sapevo io che metteva la minchia in faccia alle modelle lo sapeva pure Obama, eppure non è che si è sottratto, perché era strafigo farsi fare le foto da Terry. Se eri sul suo blog eri una celebrità. Tutto questo fino al giorno in cui non esce una testimonianza di una di queste ragazze che racconta un episodio pesante e giustamente è scioccata. Anche lì nessun processo, nessun avvocato, ma una gogna di tweet e status sui social e Condé Nast taglia i rapporti con un fotografo con cui collabora da sempre proprio per il suo stile. Buffo! Fino al giorno prima lo coprivano d’oro per essere quel tipo di personaggio, per mettere la minchia in faccia alle modelle, poi dopo la gogna lo scaricano. Stessa storia di Netflix. Ognuno pensa a far si che non sia associabile in pubblico con qualcosa che gli rovina l’immagine. In Italia artisti e fotografi e persone normali hanno difeso Asia Argento contro Weinstein. Giusto, per carità ma si tratta ancora di opinioni. I fotografi che spesso usano lo stile di Terry, che sono suoi fan, su Terry non hanno detto una parola. Muti. E perché? Non avranno un’idea a riguardo? Certo che ce l’hanno ma guai a dirla. Così come con la Argento, guai a non difenderla. Eppure anche lì, non c’è una denuncia vera? Non sarebbe idoneo un processo? Il processo è solo su Facebook che è troppo simile alla realtà, che l’ha cambiata la realtà ed è come la realtà: pieno di ipocrisia. Perché si basa sulle stesse convenzioni sociali. Dico una cosa per cercare approvazione, soppeso quello che penso per non farmi nemici, voglio essere accettato da tutti e mi omologo, e via dicendo.

Non c’è più differenza tra io reale e io digitale, così come non ce n’è tra persona e personaggio. Frank Underwood è Kevin Spacey e guarda caso Kevin Spacey reale si rivela quasi identico a Frank Underwood. Ovvero è uno che esercita il proprio potere per prevalere sugli altri materialmente, sessualmente, gerarchicamente. Chissà come mai gli veniva tanto bene la parte? Siete ancora convinti che reale e finzione siano così netti? Su Facebook puoi dire che ami il Duce ma non puoi postare un nudo di Newton, su Facebook sono tutti giudici, uno ti può segnalare se posti un contenuto che non piace e vieni sospeso (ve la ricordate la psicopolizia di Orwell?). Boh fate come cazzo vi pare, ma come mai vi sentite tutti più puri e bene quando “staccate”, quando fate il digital detox, quando andate in campagna, in ritiro, in una spa? Quando non usate quella minchia di connessione internet e non cliccate invio su uno status.

Ray Banhoff

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