Questo pezzo lo abbiamo scritto una settimana fa, poi lo abbiamo lasciato decantare per vedere se cambiavamo idea. Oggi, dopo la lettura del secondo numero de Il Foglio del Lunedì, abbiamo deciso di pubblicarlo.
La recensione del primo numero del nuovo Foglio del Lunedì potrebbe essere riassunta in: che due palle o, se proprio vogliamo fare i radical chic, in “che noia”.
Facciamo una premessa. Il Foglio è un quotidiano fondato da Giuliano Ferrara, che è Giuliano Ferrara (ognuno avrà la sua idea in merito ma Ferrara è uno dei pochi veri intellettuali di questa disperata Italia), e ora diretto da Claudio Cerasa, giovane giornalista molto capace, interista e appassionato di politica. A me Il Foglio piaceva da matti. L’ho sempre considerato il miglior quotidiano perlomeno come qualità di scrittura. E del Foglio mi piacevano soprattutto l’edizione del sabato, che era (ed è) una pamphlet culturale di stampo conservatore, e l’edizione del lunedì, curata da Giorgio Dell’Arti, dove si ripubblicavano i pezzi più interessanti usciti nella settimana precedente. Della settimana precedente poi venivano pubblicati anche le notizie di cronaca nera selezionate dal Dell’Arti o dal suo staff scritte in uno stile asciutto, biblico direi. A me il Foglio piaceva. Fino a quando non è arrivato Cerasa. Che apprezzo tantissimo, che scrive da dio, che ha tutti i meriti per stare dove deve stare (checché ne dicano i detrattori) ma che a mio avviso non fa un giornale così brioso, divertente, fuori registro come lo faceva Giuliano Ferrara. Questa non è una colpa perché essere Giuliano Ferrara e fare un giornale come Giuliano Ferrara senza chiamarti Giuliano Ferrara è impossibile. Quindi ben vengano i cambiamenti di Cerasa. Però.
Giuliano Ferrara, Roma 2015. Foto: Ray Banhoff
Però amo i colpi di scena, i fervidi detrattori e bastian contrari, quelli che osano, che pur di sconvolgere e stupire darebbero chessò un dito un braccio un occhio un bacio perfino a un coglione conclamato, chessò Matteo Salvini. E se cambi il Foglio del Lunedì mi aspetto un Foglio del Lunedì brillante, coraggioso, spiazzante, giovane e colto come il suo direttore. Ma, dopo aver visto il suo Foglio del Lunedì, mi viene da dire: non sarà più vecchio dei vecchi. O forse è Giuliano Ferrara a dimostrare che l’attitudine al rischio, al bello, all’inconsueto, non è una questione anagrafica ma dipende da un’inquietudine e da una tensione emotiva che o si hanno o non si hanno? E poi che c’entra se il Foglio del lunedì era fatto da Giorgio Dell’Arti? C’entra , eccome se c’entra…
Fine della premessa. Perché detto questo Il nuovo Foglio del Lunedì ha un incomprensibile pezzo di Ferrara (pazienza, non tutti i pezzi possono rapirti nella forma), un noiosetto fondo di Cerasa, una raccolta di pezzi tratti dalla stampa estera intitolata Non è Internazionale (no, non lo è, quelli di Internazionale in media sono molto più interessanti), e delle colonnine che dovrebbero sostituire le colonnine dei morti suicidi e delle notizie curiose di natura quasi sempre sessuale che c’erano prima. Solo che queste collonnine sono un “ma anche chissene” gigantesco: Annalisa Benini pilloleggia di Pastorale Americana di Roth (se proprio proprio leggetelo, o guardate il film), poi numeri numeri numeri come se non ci fosse altro di importante (oltre agli algoritmi si intende), infine una rubrica che si chiama Cosa vi siete persi, titolo che occhieggia al Mentre non c’eri di Twitter, social che oramai usano quasi solo quelli del Foglio per parlarsi con chi scrive o vorrebbe scrivere al Foglio o a IL o su Rivista Studio.
E veniamo al punto focale, al punto forte di questo nuovo Foglio del lunedì: il monotema, il tema centrale, che – udite udite – è la morte (o la vita) della carta stampata. Parentesi: io e WNR avevamo provato a tirare su una rubrica chiamata Dead Press Walking, sulla morte o sul futuro dell’editoria. Noi che la facevamo ce ne siamo annoiati dopo due puntate. E per parlare di nuovi modelli di editoria chi sceglie di intervistare il Foglio? Tyler Brûlé. Che è stato sì colui che ha creato Wallpaper e Monocle, ma li ha creati da mo’, mica ieri. Vi ricordate l’originalità, il rischio, la tensione al nuovo di cui sopra? Ecco, già mi viene male. Invece. Invece Michele Masneri fa un ritratto di TB che avercene, la storia di TB insegna assai, e leggerla tutta insieme così è cosa rara. Sto pezzo salva Il Foglio del lunedì by Cerasa. Tra le due palle iniziali e il giudizio finale c’è un articolo ben scritto. Lunga vita alla carta stampata. Lunga vita a chi si ricrede.