Questa estate sono tornare a girare le voci sulla versione cinematografica di Meridiano di Sangue diretta da James Franco. Pare che sia solo una questione di tempo per i diritti e che sia coinvolto anche Russel Crowe nell’operazione. Franco non è nuovo a queste imprese, sia perché è affascinato dalla letteratura (scrive, interpreta ruoli di Steinbeck), sia perché McCarthy è il suo “scrittore preferito”. Un paio di anni fa, Franco aveva messo online un test di mezz’ora di adattamento di Meridiano girato con vari attori tra cui Dylan di Beverly Hills 90210 (Luke Perry), Jacob di Lost e il fratello dello stesso regista. All’inizio non mi era sembrato male perché ero così voglioso di vedere Meridiano sullo schermo che sbavavo, poi ho provato a guardarlo. Devo dire che l’aspetto interessante è la regia. Sembra girato con una videocamera del cellulare, ci sono dei silenzi spigolosi, si crea una sorta di effetto paranoia che ti invoglia a smettere di vederlo. Qualcosa quindi c’è, ovvero la narrazione ti porta in un mondo parallelo, ma manca tutto il resto. Poi ho capito…
Manca McCarthy.
Questo post non è fatto per menarcela su un film che è bello o brutto, qui non ce ne frega niente dei film. Questo post riflette sul fatto che si usa trarre dei film da alcuni libri, di cui in parte abbiamo già parlato in Film fighi (e no) sugli scrittori. Che ne so Harry Potter è stupendo, non potrei vivere senza Il Signore degli anelli e lo stesso vale per le altre centinaia di film tratti da romanzi. Ma ci sono dei romanzi, ci sono delle opere, che hanno senso solo scritte. Cormac McCarthy è uno che ha rilasciato due interviste in vent’anni. Due. Non è mai apparso in pubblico. Dice solo: per me parlano i miei libri. E il suo silenzio letterario guarda caso è iniziato da una decina di anni, da quando traggono film dai suoi libri. The Counselor, di cui ha scritto direttamente la sceneggiatura, non sembra manco roba sua, è una boiata da seconda serata d’estate su Rete 4.
Ora lo so che ormai leggere è un’utopia e chiunque vi dica il contrario vi sta mentendo. Leggere come abbiamo letto fino ad oggi adesso sarà sempre più impossibile. Avremo dispositivi vocali che leggono per noi, avremo degli oculus mirati alla lettura, app specifiche, ma smetteremo di leggere come abbiamo imparato. Non abbiamo messo online un post letto da Siri per caso. Perché leggere richiede di stare fermi da qualche parte e staccare da tutto il resto e ormai il concetto di iperconnettività è dilagato in modo irreversibile. Plin Plin un messaggio su WhatAspp, un like su Instagram, poi diamo un occhio alle news, rispondiamo a Coso che ci manda i gattini. Come cacchio fai a leggere? Allora visto che non leggiamo facciamoci passare il senso di colpa di essere i responsabili dell’intorpidimento della nostra fantasia, ormai sollecitabile solo da montaggi serrati, effetti sbalorditivi e ritmi di fruizione tipici delle serie tv o dei film. Meglio le prime. Più fresche, più veloci, più ganze. Ps: io adoro le serie tv o i film ma volevo fare l’insegnante e credo che a scuola dovremmo tornare a dire ai ragazzi che leggere è una esperienza arrapante, che non c’è niente di più appagante che crearsi questo mondo interiore. Avete presente il ragazzino de La Storia Infinita rinchiuso nella soffitta della scuola? Era stupenda l’immmagine del libro che ti rapisce e crea un mondo. Invece di seppellire di compiti a casa i ragazzi (c’è un pezzo magistrale di Mattia Feltri a riguardo) dovremmo fargli leggere di più.Poi si farli giocare anche a No Man’s Sky, fargli guardare i Pokemon e la tv a palla, ma anche leggere. Ma torniamo a Franco.
Ci hanno provato a fare i film belli tratti dai libri di McCarthy ma nessuno c’è riuscito. Nemmeno Non è un paese per vecchi, che fra tutti è il migliore dei film fatti è riuscito. Forse La Strada, solo è stato degno. Nei libri di McCarthy si viaggia con la mente a ritmi indescrivibili, la sintassi di Meridiano è complessissima, i toni apocalittici della Bibbia aleggiano ovunque e tutto sa di sogno o di presagio. Il Linguaggio arcaico degli assassini, dei beceri, delle figure popolari, solo a leggerlo vi sembra di richiamare formule malvagie. Vivete per trecento pagin eseguendo il protagonista che si chiama semplicemente Il ragazzo, The Kid, in mezzo a una banda di spostati.
E ora possiamo anche dedicare due righe a Child of God, tratto dall’ominimo romanzo di McCarthy (Figlio di Dio, Einaudi). L’ho visto in inglese perché in Italia non è manco distribuito e mi sono potuto godere l’accento degradato e pazzo del personaggio più degradato e pazzo della famiglia dei personaggi di McCarthy. Lester Ballard è il male incarnato, almeno nella versione libro. La sua cattiveria è seconda solo alla sua demenza. C’è da dire che poverino la vita non gli ha sorriso: è una bestia, è solo, lo sfrattano dalla sua proprietà, tutti lo odiano e lo cacciano a vivere nei boschi in una vecchia capanna. Ma Lester ci mette del suo quando trova una coppietta di ragazzi suicidati in un’auto e decide di scoparsi la morta e portarsela a casa. La tiene nel letto con se, ci parla, la ama, le compra un vestitino e la trucca e poi se la bomba. Detto da me fa ridere, ma quando leggete McCarthy ve la fate sotto, specialmente quando entrate nella grotta con tutte le altre ragazze morte con cui Lester ha deciso di ammazzare la solitudine tenendole in stato di decomposizione per farcisi ogni tanto “un giretto”.
James Franco ci ha provato di nuovo con McCarthy ma ha fatto un film che non potete apprezzare a meno che non abbiate letto il libro e anche se lo avrete letto, non soddisferà comunque le vostre aspettative.
Non c’è niente da fare, ancora nessuno riesce a fare dei film degni dei libri di McCarthy.