Dalle Rovine, il fenomeno letterario della stagione 15/16, candidato allo Strega e sintomo di un nuovo periodo vitale e fastoso per la cultura italiana.
‘u cazz!

La Rovina
18 Set 2016

Ecco qua, ora devo fare uno sgobbo sul fumo a qualche tredicenne inesperto per riprendermi i 9,99€ spesi per ‘sto libro, Dalle Rovine, di Luciano Funetta, pubblicato per i tipi di Tunué (quanto cazzo di tempo che volevo usare ‘st’espressione insurrezionalista loffia per i tipi di).
Vabbè, evitiamo di accentrare il gioco come Lionel Messi e partiamo dall’inizio.

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Acclamato da Pierantozzi su Rivista Studio e da tutti i lettori affamati di dark all’Italiana in astinenza estiva da Chi l’ha visto?, il libro è stato accolto dalla critica come l’arma balorda che farà saltare in aria il regime. Sì, ce li vedo i critici, pezzenti vestiti con gli stracci, un po’ carbonari, che combattono Saviano e Fabio Volo e Moccia e Faletti e però non hanno ‘sto granché di mezzi, perciò quando beccano un nuovo combattente ben messo e disposto a gettarsi nelle fiamme per la Causa ecco che sbrodolano.
Non ho letto UNA recensione negativa di questo romanzo, fuorché su Anobii. Tutti a dire “l’estremismo è tornato in libreria” “è una storia senza tempo” “il buio, il buio!” “Funetta dà voce agli Ultimi”.
Pierantozzi dice di aver visto girar per Mi-l’ano giovani designer hipster e compagnia con ‘sto libro. Io a Mi-l’ano vedo gente parlare negli altoparlanti del cellulare dicendo “c’è non puoi capire che roba ieri al Reef, il tavolo era strapettinato, giuro, le fighe tutte da noi!” oppure gente che fissa il nulla alle sette di mattina, e vorrei ben vedere.

La storia del romanzo parla di un uomo che porta un nome pesante addosso, Rivera, il quale si fa segare dalla pelle squamosa e verde dei suoi serpenti. Rivera lascia moglie e figlio per dedicarsi ad allevare i suoi serpenti. Vive in una città mastodontica e fantasma, Rivera, chiamata Fortezza che è uno dei punti azzeccati del romanzo; te la vedi ‘sta metropoli che cade a pezzi, ti pervade un senso di asfissia e di pericolo a immaginarti in quelle vie. Un giorno decide di riprendersi mentre si fa segare dai crotali e dalle vipere e passa il filmato al gestore di un cinema a luci rosse.
Scoppia il caso, manco Tiziana Cantone.
Rivera diventa un divo del pornomondo, viene invitato al festival del Cinema Erotico di Barcellona ed entra nella scuderia-casa di produzione di Jack Birmania, un vecchio pappone che mi ricorda quel Ramon apparso nel compagno di sbronze del buon Bukowski, il Ramon ucciso e stuprato da due provinciali che sbarcano a L.A. senza un soldo.

Ora: NON SUCCEDE UN CAZZO PER 180 PAGINE.
Ci sono scene da classico diroccato bohémien dove i personaggi chiacchierano dell’esistenza bevendo liquori beceri; sesso appena accennato e porco mondo, in un libro sul porno almeno fammi venire il cazzoduro; citazioni metaletterarie che non ho colto fuorché quella di Bret Easton Ellis del topo nella vagina; personaggi impalpabili come il regista Eugenio qualcosa; tanti dialoghi vuoti; un abuso dell’aggettivo scintillante apparso almeno sei volte nelle prime trenta pagine; la misteriosa narrazione in prima persona plurale che non serve a una beneamata M in quanto è stata utile all’autore per tirarvi l’attenzione sino all’ultima pagina… e Jack Birmania si suicida perché… no, non c’è un perché. Cioè dovresti capire che lui s’è ammazzato per la paura di Tapia, uno scrittore dal passato oscuro. Ma di fatto non lo capisci, perché ne abbia paura. Pooooooi i personaggi vivono stati di ansia dettati dal NULLA, si cagano addosso e hanno incubi per una sceneggiatura scritta dal diroccato Tapia.
Mah.

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Ma poi, no, c’è comunque un palese sottinteso horror nel libro, e però di sangue vero di frattaglie di culi dilaniati di cervelli conficcati di scene con reali assassini che si muovono nelle ville alla ricerca di prede, beh, nemmeno l’ombra. Quello che dico: a ‘sto punto fai il Dylan Dog splatter della situazione e amen. Almeno ci godo. Invece è stata fuffa per 184 pagine. ‘na badilata sulla nuca, ecco cosa.
Altro mah.
No giuro, stavo leggendo un Paperinik troppo tosto e per scrivere ‘st’articolo ho dovuto lasciarlo da parte e ho perso troppe ore per Funetta e sto incancrenito dentro.
Non so davvero cos’abbiano letto i critici e perché se ne siano così esaltati che manco gli ultras in trasferta quando beccano la tifoseria nemica all’autogrill. Boh, saranno le citazioni intellettuali che io non capisco perché sono ignorante, non so.
Insomma, niente di positivo?
Beh, come s’è detto su, la città di Fortezza ti fa spaesare. Alcune descrizioni sul mondoporno sono belle. Mi paiono da addetto ai lavori, sembrano precise e ben allineate. Non è scritto male, non è descrittivo allo sbocco come certe fleshate Scuratesche, anzi in certi passaggi ci sta pure, è ok, come dice Zlatan. Ma non me lo porterei al cesso per cagare, ‘sto libro, perché per cagare devo rilassarmi e GODERE e ‘sto libro non fa godere, assicurato. Mi pare un’esibizione di cultura con una spruzzatina di perversione gratuita.

Io Ibra batte Dalle Rovine con un tre a zero di scarto netto.
Peace!

Lorenzo Monfredi

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