Tutti sono buoni a scrivere coccodrilli il giorno dopo. Quindi, direttamente da un futuro lontano:

L’Addio a Vasco
1 Lug 2017

E così finisce, dove tutto era iniziato.

La piccola chiesa del Sacro Cuore di Gesù di Zocca è gremita di gente, chi non è dentro compone il mosaico di folla compatta e silenziosa tutta intorno alle strade del paese. Il gran caldo allerta le signore del posto che prestano assistenza ai pellegrini preparando per loro panini e caffè, come ai tempi in cui passava ancora il Giro d’Italia. Ai lati del sagrato le camionette Rai e Sky mandano in onda dirette no stop, mentre i blindati della questura creano un cordone di sicurezza su tutta la zona con gli uomini delle forze dell’ordine si occupano di far scorrere lentamente la fila umana piano piano, fino al punto scuro in cui viene inghiottita: l’ingresso della chiesa. L’aria ferma da parabola biblica spazza via ogni timore tanto è solenne e ammonitrice. Un’aria gonfia di rispettoso, evocativo, silenzio, talmente suggestivo che in molti sono svenuti per l’emozione. Politici, persone dello spettacolo, potenti, vicini di yacht, amici persi negli anni, imbucati, ex guardie del corpo, nemici, amanti e donne bellissime di ogni età, insospettabili, tutti giungono al feretro di Vasco Rossi e sostano davanti alla sua sagoma granitica, imponente come quella di un re deposto, e la perlustrano increduli, per poi lasciare il posto a quello dopo che scalpita col cellulare in mano per portarsi a casa un ricordo. Non c’è rimprovero, per molti è la prima occasione di stare a pochi centimetri dal proprio mito, anche se amaramente. Il commento più comune è: pensavo che non sarebbe mai successo. Il mistero della nascita e della morte, tema cristiano di amore e apertura spirituale è stato citato anche dal Papa nella sua omelia in piazza San Pietro, anche il Pontefice ha voluto così rendere omaggio a quella che ad oggi è stata l’unica rock star italiana.

Il funerale è diventato una processione evento, che non conosce sosta nemmeno nelle ore più piccole della notte, una maratona resa possibile dal lavoro dei volontari della Croce Rossa Italiana, della Protezione Civile e dal puntuale apporto dell’Esercito. Tre giorni di lutto nazionale sono stati necessari per evitare assenze in massa dai posti di lavoro e sommosse. Non si ricorda un funerale con tanta partecipazione pubblica da quello di Papa Giovanni Paolo II che essendo polacco lascia a Vasco il primato di italiano più accompagnato nel cammino verso l’aldilà. Per vaschizzare l’evento, lungo il tragitto sono stati allestiti appositi capannelli sterilizzati dove le persone si possono tatuare gratuitamente la data del funerale e l’effige di Vasco, la scritta triangolare che appariva sulla copertina dell’album Nessun Pericolo per te. Centotrenta dottorandi di varie scuole di specializzazione di Psicologia prestano volontariamente un servizio di ascolto gratuito alle persone che sentono il bisogno di elaborare il lutto, un gesto molto apprezzato dal Ministero della Salute che pare vorrà ripetere l’operazione nei prossimi avvenimenti di massa (ad esempio attacchi terroristici anche se avvengono in paesi stranieri e ai lati delle strade nelle ore di punta nelle maggiori città italiane). Secondo una moratoria concessa solo durante i giorni della Resistenza, il Governo Italiano in accordo con la Digos e i Servizi ha sospeso la persecuzione penale del consumo di stupefacenti per i giorni del funerale, (non tutti si parla per ora solo di una tolleranza ai cannabinoidi). In pratica, chi vuole può farsi le canne, droghe più pesanti vengono comunque lasciate fuori e sono gli stessi spacciatori a dichiarare quanto in loro possesso. Per la prima volta gli acquirenti non sono i consumatori, ma lo Stato. Vasco Rossi era un radicale, storico amico di Pannella e pare abbia lasciato tra le sue volontà questa possibilità di autogestione attuata per ora in Europa sono nella comunità di Christiania  a Copenaghen, replicata qui grazie a un’impeccabile lavoro dall’amministrazione comunale locale. Il Prefetto di Modena si è detto sorpreso dell’ottimo risultato avuto in termini di ordine pubblico.

Solo in Italia, si riconosce postuma la grandezza, scriveva Malaparte. E pare una frase adatta a Vasco Rossi, partito come dj di provincia negli anni ’70 e diventato il più famoso cantante italiano in Italia e limitrofi. Già, non è una battuta, pare che l’estero non sia mai interessato a Vasco, che non abbia mai voluto incidere niente in inglese e spagnolo ne’ prendersi altri mercati che fanno molto gola ai suoi colleghi, lui stesso ha dichiarato: di soldi ne ho abbastanza sto bene così. Fu storico il suo rifiuto di aprire il tour dei Rolling Stones negli anni in cui Vasco riempiva gli stadi e loro no. In patria Vasco ha conosciuto grandi soddisfazioni in termini di vendite e di notorietà, ma la sua carriera è costellata di rapporti difficili con la critica, con la stampa e spesso con il pubblico. Negli anni ’80 Vasco è stato demonizzato per quello che scriveva nelle sue canzoni, per il suo aspetto e per i suoi rapporti con la droga. L’arresto, l’immagine pubblica dello sballato, i toni rabbiosi dei suoi inni, lo rendevano il prodotto della nuova società a venire degli anni 80, una sorta di età barocca nostrana, in cui era forte la minaccia del vuoto di ideali che stava sopraggiungendo. Fa sorridere pensare al vuoto associato alla musica di Rossi la cui poetica ora viene riconosciuta all’unanimità come il fulcro di un esistenzialismo romantico, solitario, ai limiti della sofferenza e dell’idealismo, temi che sono sempre passati inosservati, troppo meno interessanti dei suoi eccessi. Gli anni novanta e duemila hanno sdoganato Vasco a pubblici più giovani ed eterogenei e la sua figura, con gli anni e le esperienze sulle spalle, è stata rivalutata fino a vantare almeno tre generazioni di pubblico. Nonostante ciò la critica intellettuale non lo ha mai riconosciuto come cantante impegnato, anzi si sono sprecati i commenti cinici e pungenti sulla sua forma fisica, sulla sua dipendenza, lo sfottò per quel suo sguardo naif e sempre un po’ tutto sottosopra, come se si fosse appena alzato. Se i superficiali lo hanno bollato di stereotipi, non sono stati da meno gli specialisti. Una grossa parte di musicofili e fan colti in tutta Italia ha ripudiato Vasco e gli ha giurato guerra a oltranza quando il cantante ha deciso di incidere Ad ogni costo, la sua personale rivisitazione del celebre brano Creep dei Radiohead, considerandolo un oltraggio. Un gesto che pare abbia fatto molto soffrire Vasco che non ha mai rilasciato commenti.

Nei cabaret, nelle scenette comiche, sui siti chic dove gli intelettuali di oggi scrivono gratis solo per farsi notare ha preso campo uno sciacallaggio ai danni di Vasco, colpevole di indossare dei brutti cappellini e di dire troppe volte la parola rock, colpevole di non essere sempre al passo coi tempi, di perseguire un’estetica fuori moda tutta rock-macho & chitarre elettriche mentre nelle classifiche imperversavano ragazzini tatuati con basi elettroniche. Il suo utilizzo dei social network, improprio come l’utilizzo che ne fanno tutte le sue persone della sua età, quello che ha dato origine ai famosi clippini, è stato analizzato da sociologi che non aspettavano occasione migliore per sbranarlo e che nascondevano a malapena risatine complici di imbarazzo in tv, spalleggiandosi tra loro, finalmente chiamati in causa su qualcosa. Lui non ha quasi mai risposto, non ha partecipato a Sanremo ne’ a show televisivi o interviste, queste ultime sempre più rare e anonime. Ogni cosa che ha detto o fatto negli ultimi anni Vasco Rossi è stata oggetto di attenzioni trasversali e critiche acerbe, che pare lo amareggiassero molto e lo abbiano spinto a vivere lunghi periodi negli Usa dove nessuno lo conosceva e poteva stare tranquillo.

La sua morte ha dato il via a una spirale di rivalutazione mista a senso di colpa, qualcosa di simile a quando i nipotini alle cene di natale sfottono la nonna troppo anziana e i genitori li riprendono. Ora sono tutti vascorossiani. Sorrentino ha già pronto un film sul cantante di Zocca, Dagospia riporta di una lite acerba tra Elio Germano e Giorgio Pasotti per il ruolo di Vasco da giovane. Il Vasco della maturità pare invece verrà interpretato dal noto attore napoletano già protagonista dei film più famosi del regista. In edicola il Corriere e Repubblica fanno a gara a chi edita per primo la discografia intera di Vasco, le librerie vengono rimpinzate di biografie, dvd, libri fotografici e spuntano i diari segreti delle sue amanti, un’operazione commerciale guidata sempre da Dagospia che promette scalpore. Chi lo ha conosciuto o ci ha lavorato viene invitato in trasmissioni, in collegamenti radio e televisivi a raccontare la sua testimonianza, chiunque sbandiera foto abbracciato al cantante e millanta aneddoti segreti di dubbia veridicità. La Rai manda in seconda serata le interviste storiche di Gianni Minà e una serie di speciali sugli anni ’80 e ’90 del mito. Scanzi, Lucarelli, Facci, Gramellini, Serra, i più noti polemisti e opinionisti dicono la loro, persino Matteo Renzi su Twitter rende omaggio al cantante. Il mondo della cultura quindi lo sdogana mentre il suo corpo giace in una bara. Meglio tardi che mai. Anche nel mondo della musica si sprecano gli elogi. Da Fabri Fibra a J-Ax, da Gianna Nannini a Emma, gli artisti gli dedicano tributi di ogni genere. Jovanotti canta a suo modo (stonando) Vivere, Grignani al funerale piange per tutto il tempo e così via, fino ad arrivare all’acerrimo avversario emiliano: Ligabue che si è presentato al feretro solo e in piena notte, concedondosi ai fan e raccogliendosi per pochi minuti da solo attorno al feretro. Ora che non c’è più tutti si riappacificano con lui, in un rituale psicomagico di elaborazione del lutto. La sua presenza in vita era troppo pesante e ora che non c’è tutti si dispiacciono di non averlo salutato in vita. Vasco Rossi simbolo senza tempo di quell’Italia che soffre fino alla fine con squadre minori complicandosi la vita, quell’Italia di conflitti campanilistici e di dispute ghibelline, quell’Italia che si ritrova unita solo di fronte ai grandi eventi, dalla disfatta di guerra ai rigori in semifinale con Baresi e Baggio che piangono, l’Italia  della sinistra,  che perde sempre per le lotte interne. Quell’Italia che ci rende divisi e uniti allo stesso tempo, unici nel mondo e ingenuamente perdigiorno, che nella musica di Vasco Rossi ha avuto la sua voce poetica più alta e pare oggi finalmente pronta a unirsi per salutarlo. Meglio tardi che mai.

Ray Banhoff

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