L’omicidio della moglie Joan, gli anni in Messico e il trauma. Ecco come nasce lo scrittore William Burroughs. Seconda puntata per capire WB. #ilmesediBurroughs

Lezione su Burroughs #2
16 Feb 2014

Quando si pensa a William Burroughs si tende a vederlo come il padre della beat generation, l’ispiratore di correnti artistiche e letterarie, il simbolo di un’avanguardia culturale. Certo non si può dire che sia un autore postumo perché l’underground lo aveva incoronato come suo profeta fin dai primi momenti però il vero riconoscimento come intellettuale e visionario lo ha avuto tardi. Come tardi ha avuto l’occasione di diventare uno scrittore. Gay, tossicodipendente, allucinato, raccapricciante e incomprensibile, tutte caratteristiche che negli anni cinquanta e sessanta negli Usa erano considerate al pari della stregoneria nel medioevo. E su tutte la cosa più grave: aveva ucciso sua moglie a Città del Messico, per sbaglio, giocando a un tiro a segno con i sensi alterati in una stanza con due alcolizzati. “Facciamogli vedere il nostro Guglielmo Tell” sono state le ultime parole di Joan, seconda moglie di Burroughs e madre del figlio Bill. O così narra la leggenda.

Andiamo indietro.

Nel 1949 Burroughs è un trentacinquenne appena fuggito dagli USA in seguito a svariate condanne tra cui una per falsificazione di una ricetta e una per possesso di eroina. Gli serve un posto dove correre libero: ovvero drogarsi e non lavorare e il Messico è la terra del possibile. La polizia è corrotta, chiunque può trovare un’arma, la droga gira in grosse quantità e gli ubriachi dormano in terra senza che nessuno intervenga… oh yeaaaah, finalmente può respirare. Saranno tre lunghi anni quelli di Ciudad de Mexico.
Burroughs è gay ma il suo legame con Joan è fondamentale. Lei è per lui una compagna-sorella, l’unica donna che abbia (a suo modo) veramente amato, una donna con cui comunque passa molti anni della sua vita e da cui avrà il figlio Billy. Vivevano in quattro, assieme anche alla figlia piccola di Joan, in una catapecchia gusto tacos.

Joan è una tossica con il debole per la benzedrina, un vizio che ha passato al marito con facilità visto che lui era il primo a cercare stimoli in ogni tipo di alterazione. Vuole bene a Bill che con lei è dolce e mansueto, ma la tossicodipendenza altera tutto e lei è sempre più fragile dal punto di vista psicologico. Joan si ammala e invece di curarsi passa le ore a osservare dei piccoli vermi che le infettano la ferita, cose così.  Lei sa di William, della sua omosessualità, i due non dormono assieme ma al tempo stesso portano avanti un concetto di famiglia astruso e decadente, coi due bambini (una è la figlia di Joan dal precedente compagno) che girano per casa scalzi e si lavano solo quando ne hanno voglia giocando con le bottiglie di whisky vuote. I primi tempi in Messico vanno anche parecchio bene, però Burroughs anche se è ben lungi dal pensare di diventare uno scrittore è comunque alla ricerca di qualcosa.  L’unico stimolo è continuare a sperimentare con le droghe, uscire dal reale per approdare in un reale più totale, un’allucinazione messa in scena. Parte così alla ricerca dello yage, l’allucinogeno degli sciamani e dei curatori, verso la foresta con Allerton, un compagno di viaggio etero e in crisi che è affascinato da lui ma non si concederà. E parte lasciando Joan coi vermi, le bottiglie vuote e i figli a farsi di pasticche in ogni momento.

L’attrazzione morbosa di B. verso Allerton non è corrisposta e lo scudiero non vuole avere rapporti sessuali con il suo mito. Burroughs si sentiva disincarnato, più che avere rapporti sessuali cercava un corpo estraneo da abitare e questo credo che si percepisse e allontanasse chiunque. Allen Ginsberg non lo stava corrispondendo e lo evitava in tutti i modi, confidandosi in lunghe telefonate con l’amico comune Kerouac. I due però in questo periodo hanno un grande rapporto epistolare che potete leggere in Le lettere dello Yage. Mentre Burroughs è via per mesi sperso nelle montagne messicane alla ricerca di una droga perfetta arrivano a casa sua Lucien Carr e Allen Ginsberg. Trovano una Joan ormai disfatta, ricoperta di escoriazioni alle braccia, che sta perdendo capelli, ormai prossima al disastro. Joan si innamora di Lucien, Allen se ne accorge e rimane tristemente intenerito. Joan è debole, prossima alla follia, con la scritta morte invisibile e indelebile in fronte. Diventa un presagio di se stessa a breve. Ah, ps Burroughs trova lo yage e ne rimane deluso e deve farsi operare di emorroidi in un ospedale locale e se ne torna a casa un mese dopo e a mani vuote.

Burroughs nella giungla alla ricerca dello Yage

 

Ecco ci siamo, stiamo arrivando al dunque.

Dopo il fallimento della ricerca dello yage William gira per città del Messico senza sentirne più la magia. È a corto di soldi, a corto di fiato, a corto di tutto, la sua vita se ci pensa bene è davvero uno schifo. E poi ha un brutto presentimento, sente la presenza di qualcosa che sta per avvicinarsi e distruggerlo. Tanto per tirar su qualche dollaro decide di vendere una pistola, la sua 380 automatica che tanto non gli piaceva e “sparava basso”. Per non dare nell’occhio il luogo dello scambio fu a casa di Gene Allerton ed Eddy Woods, due alcolisti. Nonostante i brutti presentimenti Burroughs si alzò dal letto e andò con Joan a casa sei due amici trovandogli in attesa circondati da bottiglie di Oso Negro. Il compratore non c’era e si misero a sbevazzare per ingannare il tempo.Ed è incredibile di come a volte il destino si compia. Joan in presa a risatine isteriche più del solito teneva conversazione mentre Eddie Woods guardava storto Billy. Non gli piaceva, pensava che avesse un brutto ascendente sul suo amico Gene e non vedeva l’ora che si levasse dalle palle. Joan: “Dai Billy facciamogli vedere il nostro numero del Guglielmo Tell” e si piazza un bicchiere di whiskey sulla testa mettendosi a sedere di fronte a lui, a due metri e mezzo di distanza. È tutto talmente assurdo che non può succedere pensa Eddie Woods. Eddie è seduto accanto a William, tutti sanno che è un buon tiratore, tutti loro hanno le pistole, non c’è niente di strano in quello che succede solo che nessuno pensava che avrebbe sparato. Eddie si preoccupa, per un istante, che i vetri andranno sparsi ovunque che ci sarà un buco nel muro e che Juanita si incazzerà tantissimo, ma tu guarda questo stronzo di William Burroughs sempre a tirarti nei casini pensa in silenzio. Si sospende tutto per un attimo, tutti trattengono il respiro, quello che succede non è reale, sembra una pagina di uno dei futuri libri di Burroughs. Burroughs preme il grilletto, la stanza è piccola, il rombo della 380 assorda tutti, nessuno ci capisce niente, si sente solo la puzza di polvere da sparo. Eddie vede cascare il bicchiere in terra vuoto, agitato e roteante, non gli torna. La 380 ha sparato basso, Joan cade riversa su se stessa. Il primo a scattare in piedi è William che urla solo “No! No!” e piange.

Burroughs interrogato dalla polizia dopo l’omicidio di Joan a Città del Messico

 

Allen Ginsberg legge la notizia sul giornale a New York, era stato lui a presentarli. Si sente triste e pensa che Bill non ce la farà senza Joan, lei lo elevava a potenza lei gli faceva superare i confini del rapporto carnale. Lei era meglio di lui.

Tutta la vita Burroughs espierà questo gesto. Tutta la vita si sveglierà pensando a quello che ha fatto. Non solo l’omicidio ma la distruzione dei rapporti coi suoi familiari. Burroughs venne rinchiuso a Lucumbere, la prigione conosciuta come il Palazzo Nero. Il suo avvocato Jurado disse a Eddy e Gene di starsene chiusi in un albergo e mostrò a William come il sistema giuridico messicano fosse basato sulla corruzione e sullo spergiuro. Burroughs uscì da Lecumbere tredici giorni dopo con una cauzione di 2312 dollari. Andò a prenderlo il fratello maggiore Mort e fu un momento importante per i due. Sarà l’unica volta che da fratelli vivranno il loro legame profondo dormendo nello stesso letto, abbracciati. Sarà la notte in cui Bill si sentirà per la prima volta solo, vedendo nel gesto così emotivo del fratello la perdita della sua infanzia, di una famiglia che lo protegge. Ormai è adulto e dopo questo crimine orrendo saranno tagliati anche i rapporti di William Burroughs con il concetto di morale e di civiltà. Mort tornato a casa dirà a sua moglie che il fratello è completamente impazzito. I bambini verranno allontanati, mandati a vivere coi nonni. Cosa era successo quel pomeriggio? Non era riuscito a redimere sua moglie, non era riuscito a salvarla, lei tossica ormai allo stremo condannata a una morte certa e lui peggio ancora frocio e tossico perso pieno di condanne. Come potrebbe farle la morale? Inoltre dovete sempre tenere presente che Burroughs crede nella magia nera, nelle forze avverse, ha una concezione medievale e mistica del destino. Niente è nel caso. Aveva avuto dei presagi di quello che succedeva ma non si era fidato. Se solo fosse rimasto a letto quel pomeriggio niente sarebbe accaduto. Quello della morte di Joan sarà un evento sacrificale di cui lui si sentirà forse più vittima che carnefice. Ha ucciso Joan o l’ha liberata? L’ha condannata o l’ha salvata? ha ucciso lei o ha ucciso se stesso? Sta di fatto che questo evento scopre la vocazione della scrittura che prima non sapeva di avere. Sarà l’esempio di scrittore che nasce per rielaborare il trauma dell’evento negativo che si trova ad espiare i demoni che ha dentro grazie alla scrittura. Di certo ci sono solo le parole che ha scritto anni dopo “Ci sono errori troppo mostruosi, che il rimorso non può temperare”. Senza la morte di Joan, non avremmo avuto William Burroughs.

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Ray Banhoff

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