I viaggi di WNR/A Londra sali su un bus e non sai più quando scendi. Si chiama Bus Crawling. Attraversi la città e attraversi una parte di te. Guardi gli altri, trovi e perdi l’orientamento, un significato, un percorso. E pensi che il veleno è ovunque. Le foto che accompagnano il racconto sono di Nicola Favaron*

London Crawling!
9 Lug 2014

L’unica vera regola del bus Crawling è abbandonare ogni regola dettata dal buon senso. Con questa musica i gabbiani in cielo sembrano animali mitologici. Il segreto è portarsi alla starvation fino a quando la vista della prossima fermata non ti fa venire l’acquolina in bocca; il segreto è non lasciarsi la scelta se prendere il prossimo bus o meno. È dovuto, altrimenti si è semplicemente fottuti. Poi ti si rompe l’accendino alla prima fermata e non sei propriamente in un posto in cui è semplice trovare da accendere. Pazienza, la prossima sigaretta sarà fantastica.

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[pullquote]Ho solo due mezzi oggi, gambe e bus. Ho solo due mezzi e nessun obiettivo[/pullquote]

Finisco sullo svincolo di una statale che rischi la vita per attraversare. Poi penso che non è poi molto diverso da quello che si fa tutti i giorni. In cucina, al lavoro, al supermercato. Il veleno è ovunque. Non ho ancora trovato un accendino. Annuso l’aria per captare odore di tabacco bruciato, ma non c’è nessuno intorno, solo cicche di sigaretta che mi prendono per il culo schiacciate nei solchi del marciapiede.

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[pullquote]Nel bus Crawling non c’è un ritorno. È un unico grande loop randomico intorno alla città[/pullquote]

Ho solo due mezzi oggi, gambe e bus. Ho solo due mezzi e nessun obiettivo. Mi domando cosa ci sia di diverso dagli altri giorni. Con questa musica certe architetture sono antiche.
Dell’accendino rotto me ne sono liberato in un bidone di fianco a un templio indù. Ho trovato un negozio gestito da indiani che sapeva di prosciutto e detersivo. La gente di qui che beve birra per strada a colazione non è abituata alla vista di uno come me. Adesso posso tornare a fumare e ho deciso di tenere qualche moneta in tasca. Potrebbe sempre tornarmi utile.

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Le strade di ritorno sono sempre più lunghe di quelle di andata. Ma nel bus Crawling non c’e un ritorno. È un unico grande loop randomico intorno alla città. Ogni strada è diversa da quella prima, non c’è destinazione. Dimentichi che le cose hanno un fine. È così che ti puoi permettere di continuare ad andare avanti. Qualche postmodernista ci dovrebbe scrivere un libro. Con questa musica certa gente profuma dell’aria del mattino.

Io nell’est europa non ci sono mai stato, ma mi sono sempre immaginato quelle città proprio come questo palazzo qui di fronte. Alla seconda fermata mi lascio affascinare da un venti piani divelto a metà. Spaccato come la terra nei milioni degli anni che ci portiamo sui libri di storia, spaccato come la vita delle persone. Una bianca e una nera si tengono per mano. È così che gli elementi cercano di riparare la fissione. Ho paura che l’accendino nuovo mi abbandoni per strada. Perché oggi tutto ha un senso.

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Un autobus riparte. Qualcuno si abbraccia forte, senza lasciarsi andare.
In certe zone i bus passano ogni venti minuti. In certe zone è meglio assumere l’aria della brutta persona, accendersi un sigaretta, perché intorno ci sono persone incazzate. Camouflage. Ma per quanto mi sforzi non ho l’aria di uno che deve combattere ogni giorno. Non vivo in queste torri di sogni tossici e malattie veneree. Una vecchia mi abbaia che se provo a fotografarla mi azzanna il collo con i pochi denti che le rimangono. La prima sigaretta finisce e il bus non arriva. Accendo una seconda. Con questa musica certe esperienze ti sembrano prive di significato. Si affiancano due su una corolla scassata. Arriva il bus e alzi la mano per fermarlo. L’autista non se li fa i cazzi suoi e ti devi togliere le cuffie per sentirti dire che la prossima fermata è il capolinea. Gli dico che non mi importa. Mi chiede dove stia andando. Da nessuna parte, ovunque. Non mi importa. Forse questa è la seconda regola del bus Crawling.

[pullquote]In certe zone è meglio assumere l’aria della brutta persona. Ma per quanto mi sforzi non ho l’aria di uno che deve combattere ogni giorno[/pullquote]

Un graffito mi indica la fermata K. C’è un tizio con la felpa con il cappuccio. Spunta la visiera piatta di un cappello degli yankees con l’adesivo d oro che luccica al sole. Sputa in terra e mi rivolge parola. Gli chiedo perché tiene in mano il torsolo di una mela. Lo butterà al prossimo bidone. Mi convinco che la gente è fondamentalmente non cattiva, sono gli sguardi impauriti a far incazzare la maggior parte del genere umano. Passa il 328 – Chelsea World’s End. La fine del mondo non mi fa poi così paura, ma il motivo per cui salgo è che l autista è una bionda che non ti aspetteresti di trovare alla guida di un bus diretto alla fine del mondo. È il sillogismo di una brutale estetica fuori luogo. Salgo e mi siedo. Alla fermata dopo cambio di autista. Ora si. Il senso si riconquista strada facendo. Con questa musica il sapore del l’asfalto cotto dal sole te lo senti in bocca. Le domande le ho lasciate a uno skate park in cui mi sono fumato un paio di sigarette.

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[pullquote]L’autista ti dice che la prossima fermata è il capolinea. Mi chiede dove stia andando. Non mi importa. Forse questa è la seconda regola del bus Crawling[/pullquote]

Se mi capitassero sotto mano gli album di foto ricordo dei turisti in cui casualmente compaio non mi stupirei di vedermi riflesso in una carrellata di facce disgustate. Un’espressione tutt’altro che empatica in mezzo a sorrisi ebeti imbambolati in uno stupore dozzinale. La meraviglia da mass market. I ricordi seriali da banco alimentare. Prodotti da frigo a lunga conservazione, perfetti sostituti in una dieta lipidica purché povera di sodio. Sullo sfondo di una di quelle immagini, quando la macchina scatta i tentativi di farsi immortalare a mezz’aria, si nasconde uno dei mercati di libri più intensi della città. Ma è ora di pranzo e con questa musica i McDonald sembrano più pieni del solito.

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Le monete che mi ero messo in tasca le ho usate per comprare un caffè, una banana e una bottiglietta d’acqua. Sapevo mi sarebbero servite. L’accendino nuovo sembra resistere. Dal finestrino del 148 vedo un uomo con due moncherini a posto delle braccia e una macchina fotografica al collo e mi ritrovo a domandarmi qualche come piuttosto che perché. Sono fiero della nuova prospettiva acquisita. Nel bus Crawling lasci da parte il pensiero critico a favore del senso pratico. In fin dei conti non si tratta d’altro che di puro istinto di sopravvivenza. Con questa musica mi sembra di avere intorno solo coppie e padri di famiglia.

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Scendo a Marble Arch che il vento di butta addosso l’aria di Hyde Park che è odore di erba tagliata e cotta e pollini. Con questa musica le turiste in sightseeing sui tetti degli autobus sembrano albatross in tuffo da una scogliera. Prendo il 73 perché 7 più 3 fa 10. 1 e 0 il codice binario, la sotto struttura. L’aria sul bus sa dei cartoni del cibo esotico take away. C’è qualcosa di afrodisiaco nella luce dello zenit. Scenderò a kings cross. Nelle stazioni è sempre pieno di figa.

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Passando da Oxford Street non puoi fare a meno di notare il carosello dei claim di certi Brand stampati su milioni di shopping bag. Alcuni ti invitano a farlo e basta. Mi chiedo cosa. Mi rispondo che dipende, ma la folla sembra andare in un’unica direzione. Una fila di 1 in un codice binario in cui lo 0 non esiste. Quasi non ci fosse alternativa. Forse per molti non c’è. Con questa musica mi chiedo come abbiano fatto gli occhiali rosa fluo a resistere al declino degli anni 90.

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[pullquote]Così finisci per non sentirti più in balia. È un equilibrio sintetico quello da cui, in fondo, tutti quanti cerchiamo lo strappo[/pullquote]

A Warren Street un senza tetto tiene a guinzaglio un cane invisibile. Un altro un cane vero. Credo sia la loro vetrina, un modo come un altro per attirare l’attenzione della gente che esce esausta da Oxford street, abituata com è a farsi rapire da negozi e grandi magazzini. Pare non funzioni, i prodotti e il marketing delle grandi corporate hanno un ritorno sull’investimento più alto di due e quattro zampe accartocciate su un marciapiede. Con questa musica mi sento meno attratto dalla sfilata di bei culi in kings cross e scendo a euston station.

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A Euston decido di mangiare insieme a un branco di piccioni in baruffa per il poco pastrami che mi cade a terra. Oggi l’aria è fresca e il vento soffia da nord. Dimenticavo che anche Euston è una stazione e non posso fare a meno di innamorarmi un paio di volte o poche più. Al semaforo vedo la chiesa di St. Pancreas ma ci giro intorno, entro da dietro per evitare ancora una volta il confronto con un dio in cui non credo. Quattro statue mi fissano, ma è la porta rossa a chiedermi di entrare. La cripta è meno fresca dell aria del giorno e l’umidità che va a spasso nei cubicoli mi fa venire sonno. C’è un tipo che sposta qualcosa è gli chiedo dove sono finito. La Crypt Gallery è chiusa al pubblico ma lui non mi fa uscire, probabilmente si sentiva solo con le ossa dei santi a guardarlo tutto il giorno. Faccio un giro ma poi sento il bisogno di fumare. Con questa musica il sole inizia a calare.

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Diciamo che mi sono lasciato affascinare, ma se ci credessi davvero ne avrei perso l’essenza. A vagabondare finisci per non sentirti più in balia. È un equilibrio sintetico quello da cui in fondo tutti cerchiamo lo strappo. L’estetica è feroce, brutale. Il codice binario spacca il mondo a metà. C’è chi cerca di addomesticarla e chi l’accetta e basta. In entrambi i casi ci si ritrova sempre in loop.

*Per vedere gli altri lavori di Nicola Favaron cliccate qui

Giorgio Cremonesi

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