Quando ti dicono che uno scrittore divide le cose sono due, o è troppo avanti o è troppo indietro. Noi qui diciamo la nostra sul più rinomato caposaldo letterario italiano vivente

Scrittori pacco #1: Moresco
18 Set 2016

Non so se la gente conosce Antonio Moresco, forse la gente che legge WNR si. Antonio Moresco è uno scrittore italiano che principalmente pubblica romanzi. Noi abbiamo provato a intervistarlo ma non c’è stato verso. Moresco non è uno che appare in pubblico, ha il volto contratto dalla sofferenza e la sofferenza sembra il vero e unico tema ricorrente della sua scrittura. Pare che i libri li scriva a mano, che durante l’anno sparisca imboscato a “compiere cammini” come dice lui stesso. Ovvero boh non lo so che fa, cammina a piedi per giorni, per chilometri. Moreno una volta l’ha incontrato all’Aquila durante un suo cammino, io alla Feltrinelli della Stazione Centrale di Milano.

[pullquote]credo che il problema fondamentale di Moresco sia semplice: scrive male[/pullquote]

Ci ho sempre provato a leggere Moresco. Ho iniziato attorno al 2008/2009 nella fase post Genna. Siccome ero già gennizzato pensavo che a quel punto peso per peso potevo affrontare anche Moresco. E di scrittori paranoia ne ho letti parecchi, mi piacciono pure, ma di Moresco non ho quasi mai portato a termine niente. Lo dico con rammarico perché lasciare un libro a metà mi dispiace anche. Gli Incendiati me lo dette Moreno.
È una bomba.
In realtà scoprii dopo che non lo aveva mai letto e sperava ci facessi una qualche recensione sopra. Un classico di Moreno. Di quel libro ricordo solo che ne ho lette 20 pagine e l’ho messo via impaurito. Era pesissimo, c’era qualcosa di sbagliato che non so ancora definire. Non ricordo altro, sono passati anni.

Il mio libro preferito di Moresco, l’unico che ho mai terminato, è I randagi, la storia del suo albero genealogico in forma di autobiografia. Ecco quello era davvero un librino proprio bello, in cui l’autore ripercorreva la storia della sua famiglia, il calvario totale che lo aveva reso così.

I canti del caos e Gli Increati, sono diciamo i libri più celebri e fanno parte della trilogia più famosa del nostro, per me sono un delirio illeggibile, la cosa più paranoica che esista, una palla sconfinata di pippe inutili dell’autore, ma capisco che a qualcuno possa piacere. Anche solo il nome GLI IN-CRE-A-TI. Increati. Boh, ma che cazzo vuol dire? Niente. Mille pagine di parole fitte fitte non gli bastavano e le ha messe anche nella copertina. Tutto parole, un attacco di noia, zero evasione, tutte immagini indotte, una mega sceneggiata allestita troppo col fiato sul collo del lettore che non ha nemmeno il tempo di distrarsi di perdersi in quel bosco fitto di parole. Moresco stesso lo definisce così: Come un magnete, come qualcosa che magnetizza l’intera mia opera di scrittore e che ne è a sua volta magnetizzato. Quante storie… Boh, io l’ho provato a leggere e l’ho abbandonato dopo nemmeno sei righe commentando incurante di fronte agli altri clienti: ma te stai maleeeeeeee.

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Ma è con L’addio che ho deciso di scrivere questo pezzo. L’addio l’ho comprato perché l’incipit mi era piaciuto, pensavo: ecco la volta buona che mi leggo un libro di Moresco. E ho capito come mai, anche questo, l’ho abbandonato dopo 90 pagine.

[pullquote]Per questo che ne so Fabio Volo non viene riconosciuto come uno scrittore: perché lui si diverte.[/pullquote]

Io credo che il problema fondamentale di Moresco sia semplice: scrive male. Ora, lo so che certe cose non si dicono, che questo mi mette subito nella terribile posizione dell’hater, ma dietro c’è una riflessione dolorosa. Moresco mi pare che sia uno di quegli scrittori che viene riconosciuto come scrittore in quanto emana un’aura da scrittore, almeno quello che la gente che non legge o che ha provato a scrivere ma con scarso successo, vede come l’incarnazione di uno scrittore: un paranoico, che is trascura e si veste male, esiliato dal mondo, che essendo senza amici e niente da fare scrive di paranoie per altrettanti paranoici. Per questo che ne so Fabio Volo non viene riconosciuto come uno scrittore: perché lui si diverte. Anzi Fabio Volo anche perché è ricco e ha successo con le donne, altra caratteristica che lo scrittore nella visione comune non ha. Perché la maggior parte della gente che lo critica non lo ha mai letto Fabio Volo e io sono anche convinto che se facciamo un test e leggiamo un capoverso di Volo e uno di Cortazar a un campione di persone prese a caso in strada, quasi nessuno li sa distinguere.

E allora ecco che si, facciamo scrivere ‘sti mattoni a Moresco tanto poi non li leggiamo mica. Lo stesso Moresco parla spesso della sua scrittura in chiave di sofferenza, tipo ci ha messo decenni per scrivere la trilogia e ogni tre per due minaccia il ritiro. I suoi sono tipo dei suicidi annunciati, come quelli che vogliono essere salvati per forza. Anche nell’intro di L’addio c’è scritto che questo forse è il suo ultimo romanzo. Moresco si prende tantissimo sul serio, è come se fosse privo di leggerezza, non esistono foto di lui con un accenno di serenità sul volto è sempre intriso di sofferenza, parla con paroloni e concettoni filosofici e sempre di cose serie. L’addio è romanzo a sfondo poliziesco tra la nostra realtà e un’altra, la Città dei morti, che mi pareva subito un’intuizione interessante. Ecco il fatto è che più lo leggi e più pensi che sia debole. Il testo è puerile, scritto male, lento, senza spina dorsale ed è usato da Moresco stesso per parlare della sua scrittura. c’è tutto un paragrafo in cui parla con il lettore avvertendolo che lui non userà i termini dei polizieschi che tanto vanno di moda oggi (quelli alla Don Winslow o Ellroy tipo “hey figlio di puttana!” o “ti rompo il culo baby”) ma che si manterrà sul suo linguaggio. Madre santa… come se dovesse sempre difendere un ideale più alto, come se la scrittura fosse la sua arma per combattere chissà quale ingiustizia/menata. Mi pare che non riesca a scrivere per la gioia che può emanare anche solo sperimentare, che non riesca a vivere serenamente la vita e di conseguenza la scrittura. Sembra che questa missione lo distolga dalla missione principale: scrivere qualcosa di buono, che rimanga. Fa tutta questa introspezione e poi boh è semplicemente noiosissimo. È inutile che vi sforziate di paragonarlo a Burroughs, è piatto Moresco. 

Però ecco mi dispiace perché Moresco è effittavemente uno che pubblica mattoni di mille pagine, uno super outsider, fondamentalmente emana pure disagio psicologico ed è comunque bello vederlo ospite da Fazio o sapere che viene tradotto in altre lingue. Farebbe bene alla letteratura italiana uno scrittore così, uno che non si sa che fa, che cammina,uno impossibile da gestire che ci mette trent’anni per scrivere una trilogia, ma ripeto: purtroppo scrive male.

Ray Banhoff

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