Ovvero Sciuscià di De Sica e di come il cinema del dopoguerra ci dica molto di noi, della spocchia intellettuale e dell’immobilismo in cui siamo.

Un film del ’46 che fa il culo alle serie tv
28 Lug 2019

Prendi la bici, esci di casa, 3 km verso l’azienda, un caldo che sembra come se Satana in persona stia ruttando sulla pianura Savana, sigaretta, caffè, sigaretta, ufficio in fondo a sinistra e poi attacchi… anagrafiche su excel, inserisci i clienti… promemoria ordini… pausa pranzo… arrivano le 18.30, saluti generali, zaino in spalla, prendi la bici, 3 km di ritorno a casa, sali a casa, togli camicia e pantalone e cinta Cartier e vai di pantaloncini e maglietta da lavoro. Ti passa a prendere Jalìsco. Siete in ritardo ma è ok.

[pullquote]Piuttosto che interagire con l’elettorato dell’attuale governo, che facciamo? Gli ridiamo in faccia, ci sentiamo superiori perché leggiamo Joyce[/pullquote]

Tocca farti la chiusura al pub, 19.30/02.30. 120 piatti diversi, tra bruschette fritti piadine pizze panini tramezzini. Menù sterminato con sempre gli stessi prodotti, ma tutti incrociati tra loro. Spesso senza cognizione di causa. L’effetto sul consumatore-cliente è che non ci vede piatti, ma mucchi di lego assemblati senza criterio da un bambino inutile. Ma tant’è. Da ‘ste parti il contorno che va a pompa è LA SALSA ROSA. ANNI ’90 TOTALI.

Di regola, alla chiusura del pub, verso le 3, dovresti avere il cervello nella friggitrice. Invece, per una strana combinazione di endorfine e adrenalina e pensieri, rientri in stanza che ti devi fare una doccia per sgrassare le chips e i club sandwich di dosso e poi col cazzo che dormi. Virginia Woolf ti guarda dal comodino con la sua fottuta stanza di Jacob ma non è cosa. C’hai troppi cazzi da smaltire per finire a leggere dei gabbiani e dei fari e di come è fatto il giardino della vicina a Scarborough.

“Lorè, guardati Sciuscià” mi ripete da giorni il maledetto Al, che si spacca il mazzo tra doppi turni in un ristorante bolognese di quelli KOP, che fatturano 5/6mln all’anno. La notte poi guarda film a ripetizione e si sega con la $aga di Zio Paperone.

“Lorè, guardati Sciuscià, sta su YouTube coi sottotitoli in greco”.

Io c’avrei voglia di True Detective o di Romanzo Criminale, ma sono su NowTv e NowTv non mi fa sottoscrivere la prova gratuita, nemmeno usando il codice fiscale di mia zia. Riconoscerà l’ip da cui mi collego, cazzo ne so.

Vaffanculo, allora, vada per Sciuscià. Mi stendo sul letto, cuffie e parte il classico intro dei film anni ’40 con trombe e bianco/nero che domina a pugni sui denti. I sottotitoli in greco sono una delizia che non sfastidia.

Bene: Sciuscià è un film totale. E questa non sarà una recensione su Sciuscià. O un articolo sul neorealismo italiano. Le cose ci pigliano bene o ci mandano in para. Stop. Su WNR non ci troverete mai giocate leziose alla Pastore, ma sano pragmatismo e potenza in pieno stile Paul Scholes.

[pullquote]Questo è il problema della nostra generazione. Ci sentiamo dei tuttologi e adattiamo la realtà alle nostre esigenze. Non siamo onesti, né coerenti[/pullquote]

Appena il film si chiude, con Bersagliere il cavallo perfetto che se ne va sul ponte di mattoni e la polizia che arriva e la brutalità della fine… beh, appena son arrivati i titoli di coda ho iniziato a mandare vocali da presomane ad Al, per ringraziarlo e dirgli che Sciuscià è un film da palle in mano. Sono strafuori per quanto mi sia piaciuto.

E’ del 1946 ma potrebbe esser stato girato l’altro ieri. 

Tagli, Piano Sequenza, Inquadrature… caratterizzazione dei personaggi. Tutto è da brividi ed è di un’attualità che fa paura. I dialoghi. I disperati con le galline negli appartamenti, gli americani che si fanno pulire le scarpe e nemmeno guardano in faccia gli sciuscià. Il commissario napoletano che si fa siringare il cazzo da un mezzo Battista-Maggiordomo, allibito e spoetizzato, il tutto dietro un separé nel suo ufficio. L’ingresso trionfale di Pasquale e Giuseppe nella via dove lavorano, in groppa al loro cavallo, Bersagliere… loro belli e poderosi come imperatori, gli altri bimbi intorno che li adulano. Pura poesia. La scena delle mazzate nelle docce… che te ne devi fare di American History X? Ripensi a Scorsese, a Brian De Palma… ai big boys del cinema americano e non, e dici oè, a noi dovete prendere per il culo?, noi ‘ste cose le abbiamo fatte settant’anni fa e vi pisciamo ancora in testa. Cioè vogliamo mettere Sleepers con Sciuscià? Ma vaffanculo!

Non sono certo io a dover dire che il neorealismo italiano è stato un raggio gamma irripetibile e cazzuto. Ma vedere Sciuscià, al di là di aggiustarmi determinate storture cerebrali, mi ha fatto riflettere.

Perché non siamo in grado di essere onesti come lo eravamo in quegli anni? Cioè adesso ci vantiamo di essere una società cinica senza filtri, che guarda in faccia i problemi. Il cazzo. Un amico scrive una roba contro i ciclisti e lo minacciano di morte. Je Suis Charlie Hebdo, liberté sborreté fraternité e poi appena ci toccano qualcosa che afferisce alla nostra sfera personale diventiamo dei cannibali. Piuttosto che interagire con l’elettorato dell’attuale governo, che facciamo? Gli ridiamo in faccia, ci sentiamo superiori perché leggiamo Joyce e sappiamo scandire SEMIOLOGIA ed ERMENEUTICA.

Questo è il problema della nostra generazione. Ci sentiamo dei tuttologi e adattiamo la realtà alle nostre esigenze. Non siamo onesti, né coerenti. D’altronde, siamo pieni di modi per crearci la nostra realtà privata ad uso e consumo di noi e di quelli come noi. Ci rinchiudiamo in ambienti col pensiero unidirezionale. Ci droghiamo. Ci convinciamo che la vita è questa e che non possiamo fare nulla per cambiarla. Ci intestardiamo su crociate molecolari, come garantire un accesso nei locali pubblici ai canini e ai gattini, e ci sentiamo di aver vinto la Guerra.

De Sica e i suoi compari, invece, andavano nella merda. Ci si immergevano e restavano là ad osservare. Attori non professionisti schiaffati in ogni scena. Facce da galera. La gente che viveva davvero nelle periferie. Nei lavori come Sciuscià ecc. non c’è traccia di politica. Di certo, non quella con cui si sditalinano i collettivi e le testuggini che ci circondano. Si parla di vita, amore, amicizia, ricchezza, povertà. Stop. Queste piccole maledette cose che muovono il mondo da sempre.

[pullquote]Ci rinchiudiamo in ambienti col pensiero unidirezionale. Ci droghiamo. Ci convinciamo che la vita è questa e che non possiamo fare nulla per cambiarla.[/pullquote]

Perché non siamo più in grado di essere onesti con noi stessi? Perché non abbiamo il coraggio di Sciuscià, di mostrare veramente le cose per quello che sono? Leone di Lernia, in un’intervista sempre su questo sito, dice che ci vorrebbe la guerra e che è stata la guerra a dare il via a tanta creatività. Probabilmente è così. Le tragedie hanno reso il mondo un posto artisticamente migliore.

Fuori, oltre gli infissi scorticati, c’è un principio di luce. Non alba, ma il cielo dall’essere una lastra di ghisa è diventato simile all’azzurro dell’Inter, quello di nuova generazione, più blu e meno azzurro. Ti accendi una paglia, ti rigiri e metti in carica il cellulare. Ti ricordi le battute di alcuni personaggi. Memorizzi le loro facce. Sei stato un’ora e venti minuti senza muoverti, inzippato davanti ai magheggi del Panza a Ostiense, col Gazometro di sfondo. Raffaele da Napoli che tossisce e che ci resta secco quando si aspetta la visita della madre e ci trova una bionda che fa la gattamorta con l’appuntato che lo segue. Gli sbirri che fottono alla grandissima Pasquale e Giuseppe.

Domani mi vedo Ladri di Biciclette, e affanculo la Casa de Mierda de Papel!

 

Lorenzo Monfredi

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