Negli anni 90 avevo una decina d’anni, precisamente dodici nel 1994 quando è nata Forza Italia. L’idea che per essere felice dovessi essere ricco era un sentire tutto nuovo che mi veniva legittimato dall’esterno, una nuova propensione filosofica ormai non più peccaminosa. Il Milan vinceva, non c’era la crisi economica, noi avevamo il BMW, vedevo gli adulti felici per questo e mi bastava.
Mi ricordo in quegli anni la comparsa delle copie de l’Indipendente di Feltri in casa e di mio padre che andava a comprarlo il sabato mattina. Io sono un abitudinario e mio padre anche, fino a poco tempo prima lui leggeva la Repubblica e il cambio non passò inosservato. Discuteva più spesso coi suoi amici, cominciò a vestirsi diversamente e… mi piaceva. Stranamente non mi scioccava, anzi avevo voglia di andargli incontro. Più che un ricordo è una sensazione molto flebile ma avevo in mente un concetto: la Repubblica era qualcosa che veniva associato al mondo del passato, a quella che gli adulti chiamavano la sinistra, a un concetto di “buono” e “giusto” quasi spirituale e ormai già utopico per me. Avevo teorizzato una visione del mondo francescana, in cui solo i poveri e gli umili avevano diritto al paradiso, e i poveri parlavano una lingua sommessa e vivevano nel sacrificio. Repubblica parlava con quel tono di misericordia del mondo. L’Indipendente era il presente, una roba da film americano, da yankee, un tacito invito a dire la magica frase di Toni Montana in Scarface «Voglio il mondo e tutto quello che c’è dentro» in tempi in cui la suddetta frase non era abusata e ridotta a maglietta dei fan di Corona.
Per anni ho seguito Feltri convinto di una cosa: che fosse un’anima nera, uno della setta massonica invisibile sempre col completo scuro e l’aria scazzata, pieno di soldi e di potere, marcio, vicino ai peggiori. E per anni ho pensato dentro di me che esistessero un bene e un male e che lui fosse nella squadra del male. Per anni ho vissuto in un idealismo/realismo da Harry Potter che infatti non è un realismo è una visione del mondo coi gufi che parlano e le scope che volano come dice Guzzanti. Poi ho visto il suo account Twitter, da cui sono tratte queste immagini e sono impazzito, ho cominciato a rivalutare tutta la sua figura. Ecco che compaiono nel mio immaginario feltriano Ciccio Grigiotto e Ciccio Rosso. E lui, Feltri, capace di tagliare in due con un giudizio qualunque essere umano abbia di fronte, capace di chiedere in una puntata di Linea Gialla a Sollecito su Meredith: «Te la volevi scopare? Non è neanche un granchè!», l’ideatore di un giornalismo cinico e diretto fino ai limiti della crudezza, ecco che mostra un lato umano. Diventa il reporter delle fusa dei suoi gattini. Ciccio Grigiotto si scopre essere l’animalino più dolce del mondo. L’astio nei confronti del genere umano che il padrone dell’account sembra avere svanisce se si parla di cani e gatti. Bellissimo!
Così in questa elaborazione karmika del passato mi son detto: perché non leggere il nuovo libro di Feltri? Beh ho fatto bene perché il libro ha diritto di essere letto, tra tutti i suoi compari sugli scaffali delle librerie che invece non ce l’avrebbero. Buoni e Cattivi è una rassegna di personaggi conosciuti e raccontati da Feltri con tanto di voto finale. Parla di loro ma parla di se. La mossa di scrivere un’autobiografia parlando degli altri è magistrale, un’abilità che solo un vero prestigiatore può destreggiare. Per tutti coloro che si interessano di scrittura uno degli scogli fondamentali è quello dello stile. E qui lo stile è IL caposaldo: tagliente, ironico, istrionico, gagliardo. Questo libro è uno spasso, lo leggi quasi per come è scritto prima ancora che per quello che dice. Lascio la parola a lui.
Questi sono alcuni estratti da Buoni e Cattivi (Marsilio).
TRAVAGLIO 9
Mi ha anche confessato che, da quando Angelino Alfano ha tradito Berlusconi, non riesce più a parlare male del Cavaliere. «Non posso arrivare secondo dopo Alfano», mi ha spiegato.
SANTORO 6
In quell’occasione, con tono accorato, assicurò alle figlie che lo stavano guardando d’aver sempre «agito con onestà e correttezza». Peccato che, mentre lo diceva, continuasse a strofinarsi il naso con la mano. Rammento che si toccava la proboscide ogni dieci secondi. Ahi ahi. Evidente indizio di menzogna, avrebbe concluso Desmond Morris, studioso del comportamento umano e animale. Quando si raccontano bugie, aumenta la produzione di catecolamine, le mucose nasali s’ingrossano e subentra l’impellente e inconsapevole necessità di grattarsi le frogie per calmare il fastidioso prurito. Comunque per me Santoro, al netto del suo settarismo intollerabile, potrebbe anche infilarsi le dita nel naso e resterebbe comunque bravo. Mille volte meglio lui di quel cicisbeo di Giovanni Floris. Quello proprio non lo reggo, lui e il suo sorrisino da ebete.
FORMIGONI 5
È l’unico al mondo, credo, rimasto acculato per 18 anni, diconsi 18, sulla poltrona di governatore. È riuscito addirittura a far meglio di Kim Jong-il, Supremo Leader della Repubblica democratica popolare di Corea, che durò per 17 e fu detronizzato soltanto da un infarto.
DARIO FO 5 e mezzo
Ben presto, come mi accade sovente, mi stufai anche di Dario Fo e lo mandai affanculo. Detto con tutta franchezza, mi sembrava un po’ suonato. Il voto sulla sua persona non può che essere frutto di una media: da giovane è stato grandioso, merita un 9; da vecchio, per la sua politica cialtrona, un 2.
GIANFRANCO FINI 2
Aveva ragione Bettino Craxi, che di lui diceva: «È un vuoto incartato. Dentro, non trovi il regalo». Ho cercato per anni di capire di che pasta fosse fatto, ma alla fine mi sono dovuto arrendere al nulla. (…) Se Fini ha delle idee, del che è lecito dubitare, ha avuto il buonsenso di non esprimerle mai. (…) Sono giunto alla conclusione che Fini forse non esista nemmeno. È un ectoplasma alto, spalle larghe, petto in fuori, pancia in dentro.
FABIO FAZIO 4
Poi il sacrista dal collo torto tentò un paio di volte di farmi passare per fesso. Siccome è cresciuto a omogeneizzati di coniglio, ricorreva sempre a un complice. (poi lo chiama: il Forforina, Il sosia ligure di Bashar El Assad, Faziosino e Pifferino) Ultimamente si è specializzato come piazzista di prodotti editoriali. In pratica occupa l’intera trasmissione del servizio pubblico per reclamizzare i libri scritti da suoi amici.
PIERO FASSINO 3
Stringergli la mano quando te lo presentano è una delle esperienze più sconvolgenti della vita: sembra di afferrare un sacchettino di ossa esumate da una tomba e racchiuse dentro una pelle di daino, sensazione vellutata che può trasmettere soltanto l’estremità dell’arto destro di chi non abbia mai lavorato in vita sua. La faccia da beccamorto, accentuata dalle occhiaie, viene di conseguenza.
GIANNI CUPERLO 3
A parte l’aspetto transilvanico poco rassicurante, che mi ricorda un incrocio fra Dracula e Pippi Calzelunghe senza le trecce sporgenti, questo Cuperlo fa discorsi troppo lunghi per i miei gusti, con l’aggravante che essi non riflettono mai le sue reali intenzioni. Appartiene a una classe di politici, invero molto folta, che non parlano per dire qualcosa bensì per ottenere qualcosa fingendo di non volerla.
GIORGIO BOCCA 9
Lo dico in tutta sincerità: Bocca l’ho sempre ammirato. Mi manca per la sua incoerenza, nella quale trovava conforto la mia. Poiché non ho molti amici, l’assenza di un nemico della sua levatura mi addolora e mi fa sentire più solo.
ENRICO BERLINGUER 6
Come segretario del Pci, Berlinguer riuscì a battere la Democrazia cristiana soltanto da morto, seppure con uno scarto minimo: poco più di 130.000 voti. Accadde alle elezioni europee del giugno 1984, a sei giorni dal suo decesso, grazie a una furbata dei compagni sopravvissuti, che lasciarono la salma come capolista. Va considerato il primo segretario di partito morto di fatica sul lavoro, visto che gli fu fatale un comizio a Padova. Lasciarci la pelle per superare la Dc mi sembra un sacrificio eccessivo, tuttavia meritevole di un voto indulgente.