In riva al mare il vento rasserena, alleggerisce, rinfranca. Parliamone a settembre, rispondo a chi mi chiede conferme, pensieri, risposte. Pensiamoci a settembre. E mi viene in mente la canzone dei Marlene Kuntz che in realtà era di Battisti Mogol, ma la loro versione è una delle cose più belle sentite da venti anni a questa parte. Le vacanze sono uno spartiacque. Il mio, sicuramente. Ma capiterà un po’ a tutti. Ripensi, rifletti, maturi decisioni, vedi una prateria che si chiama autunno, fatto di progetti, piani, intenzioni e poi ti ritrovi a novembre e la lista non è stata depennata manco di una parola. E va bene così. Di estate sopporti meglio le zanzare, le mosche, il puzzo stantio dei cessi chimici dei bagni sul lungomare, i tagli ai piedi sugli scogli, il caldo. Sei portato a rimuovere ogni cosa o ogni cosa è funzionale a creare un microclima interno più rilassato, rallentato, relativizzante.
Matteo aveva un figlio. Il figlio aveva diciassette anni, un motorino, un amico dietro di lui, una strada di campagna sotto le ruote, due fari negli occhi, un fosso sul lato. Lo hanno trovato lì, era morto sul colpo. Quando la mattina dopo me l’hanno detto avevo il cel tra casco e orecchio, mi sono dovuto fermare al lato di viale Stelvio. Per piangere e urlare. Ho pensato a sua sorella. Ho pensato ai miei figli. Ho pensato alla mancanza, a una mancanza così, a quanto poco ci sia rimedio. Il rimedio in questi casi si chiama rassegnazione, fede, senso di sconfitta.
Foto di Ewen Spencer
Martina cenava e raccontava che mai si era sentita così, che prima per lei la vita di coppia era noia, che chiamava amore ciò che non lo era, che la sera guardava serie tv e poi si girava dall’altra parte e che ora, invece, aveva capito che cos’è, cos’è l’amore. Carver c’ha scritto una poesia. La poesia.
[pullquote] Ci vuole enorme pace dentro per sviluppare il rispetto. Ci vuole un amore sconsiderato per non prenderla sul personale. Ci vuole una infinita consapevolezza per capire che di vere tragedie ne esistono ben poche [/pullquote]
Claudio si è tagliato i capelli, per la chemio è meglio, si sa, su fb leggo i suoi post, di gente che conosce in reparto e che poi – quando ci ritorna – non trova più, la sensazione dei letti rifatti, ordinati – scrive – gli lascia sempre quell’attimo di straniamento. Sarà per questo che non li rifaccio mai. Il caos è vita.
Elisa aspettava un bambino, e per un bene maggiore e una delusione a venire, ha deciso che era meglio così. Consapevole che non è quello che ti succede, ma l’approccio che hai, ciò che fa la differenza. Quando lo ha perso avrà pensato anche a suo fratello, non perché qualcosa glielo ricordasse ma perché infondo a suo fratello ci pensa sempre. Suo fratello ha deciso di uscire dalla sua vita e da quella dei genitori senza spiegare niente, adesso abita a Reggio Emilia. Elisa non sa perché e non sembra saperlo nemmeno lui. Preferisce così, e tanto basta. Gliel’ha detto l’ultima volta che si sono visti. Elisa ha capito qual era la via dove abitava, l’ha battuta tutta, ha suonato a tutti i campanelli, ci ha messo un pomeriggio, alla fine una faccia che conosceva bene si è affacciata da una finestra. Non l’ha fatta salire, è sceso lui e sono andati a mangiare.
– Come stai?
– Bene
– Perché?
– Perché mi va così.
Da allora non si sono più visti né sentiti.
Ci vuole enorme pace dentro per sviluppare il rispetto. Ci vuole un amore sconsiderato per non prenderla sul personale. Ci vuole una infinita consapevolezza per capire che non bisogna sopravvalutarsi, che di vere tragedie ne esistono ben poche e sono quelle poche che vanno vissute come tragedie, che alla fine bisogna pensarsi come esseri umani che guardano anni e vite ed esperienze, importanti, importantissime, ma che sempre relative restano. E quindi a volte cercare profondità è un esercizio di piacere che bisogna essere pronti a sostenere. E chi non vuole o semplicemente non vuole rivelare di averlo fatto va compreso, capito, accettato. E chi ascolta o chi cerca qualcosa di più deve sapersi fermare e farsi andare bene un: perché sì, perché mi va così.
Foto di Ewen Spencer
Ognuno lotta con i suoi tarli. Ognuno coi suoi demoni. Ognuno si misura sulle sue insicurezze. Ognuno ha i suoi tempi il suo percorso i suoi silenzi.
Mia figlia grande è Virginia. Virginia ha la sindrome del Cri du chat. Uno degli ultimi giorni di scuola sono andata a prenderla, la sua insegnante di sostegno mi fa: oggi sulla tastiera ha scritto questa frase
Io mi arrabbio quando non riesco a fare le cose
E si tira i capelli e gli schiaffi.
Quello che le ripeto a voce bassa prima di addormentarsi e che capirà mano a mano, quello che ripeto anche a mio figlio, quello che è è questo:
non sempre le cose vanno come vuoi tu
non sempre le persone si comportano come vuoi tu
non sempre ciò che aspetti arriva
non sempre, anzi quasi mai
Eppure. Eppure esiste l’impegno, esiste il lavoro, esiste l’amore, esiste la passione, esiste la fede. Gabri mi dice di leggere il Bushido. Lui leggendolo ha imparato che il samurai, quando piove, sa che non serve a niente ripararsi sotto un ombrello, perché la pioggia va accettata.
[pullquote]Ognuno lotta con i suoi tarli. Ognuno coi suoi demoni. Ognuno si misura sulle sue insicurezze. Ognuno ha i suoi tempi il suo percorso i suoi silenzi [/pullquote]
La vera verità è che siamo tutte anime incomplete, cerchiamo tutti qualcosa, in una sbandata il sabato sera, in un bicchiere di gin tonic durante un party che finisce tardi, in una festa di matrimonio dove tutto appare meno definito a meno che tu non sia il festeggiato, in un post o in una storia, cerchiamo emozioni, carezze, qualcosa che ci faccia sentire importanti, considerati, emersi. E salvi. Un porto franco. Una valigia aperta. Un sogno reale. Poi domani ci sarà sempre tempo. Ci sarà sempre un settembre.
Foto di Ewen Spencer
Ho letto una frase di Steinbeck, tempo fa, riportata in un post di Daniele Piovino, uno dei nostri, diceva più o meno così e se non diceva così questo è quello che mi ha lasciato: se devi fallire, fallirai; se devi fallire che succeda. Le cose belle aspettano.
Ed è vero. Il tempo è tutto. Il tempismo pure. Le cose belle sono come le soluzioni: ci sono momenti che non le vedi, non le sai riconoscere, sono lì eppure sembrano lontanissime. Che cosa volete che vi dica, poi la soluzione arriva, in un momento di lucidità, sotto la doccia, parlando con la psicologa, dopo un allenamento, ti appare chiara, serena, scontata, facile. Il momento dell’epifania. Che si porta dietro un sorriso e la consapevolezza di un nuovo sé. Bukowski, sempre quella bestemmia di uomo, diceva che l’ultimo sorriso è quello decisivo. In realtà me lo ha raccontato un fotografo. Diceva che lo aveva letto in un libro di Hank. Io di libri di Hank ne ho letti tanti, quasi tutti, ma sta cosa non l’ho mai trovata. Però è bukowskiana. Perché è vero: se stai per morire e ti scappa l’ultimo sorriso, be’ vuol dire che di battaglie ne hai perse magari tante ma alla fine hai vinto. In culo alla vita, ché la morte è sopravvalutata. Pure noi lo siamo.
[pullquote]A volte cercare profondità è un esercizio di piacere che bisogna essere pronti a sostenere[/pullquote]
Per questo mi tatuerò la frase Non siate mai tristi. Perché non ne vale la pena. Questo è tutto ciò che ho da dire questa notte che non vorrei mai dormire, anche se qualcuno mi ha detto che ste frasi sono da ciellino. Ma io non lo sono mai stato, non ho questo metro di misura e di quello che può pensare qualcuno mi interessa fino a un certo punto.
Foto di Ewen Spencer
Quindi lo ripeto:
Non siate mai tristi
Se non siete forti, se non vi sentite forti, sappiate che non c’è bisogno di esserlo.
C’è bisogno di trovare il coraggio.
Perché ogni cosa si risolve
Le soluzioni aspettano
Le cose belle pure
Le tragedie vere sono poche e ognuno dentro di noi ha il proprio samurai da tirare fuori. Ché tra le gocce d’acqua si può ballare.
E qualche volta piove pure a ferragosto, d’estate, tra un colpo di vento che arriva e un ricordo che se ne va.