Archivi del mese: Settembre 2019

Le All Star

Da quando ho tredici anni indosso All Star, le ho sempre avute nere. Basse o alte. Oggi ne ho gettato via un paio che era passato dal nero, al grigio, al senape. Avevano buchi da tutte le parti e suole lisce come metallo spazzolato. Farle cadere nell’oscurità, nell’inghiottitoio del sacco nero mi ha dato una sensazione di perdita difficile da descrivere.

Le avrò lavate un centinaio di volte. Sono venute con me a vedere i Rage, a vedere i Rumatera, a vedere gli Slayer, a vedere Lou Reed, a vedere gli OFFLAGA DISCO PAX. Due Gods of Metal. I Prodigy, festival di elettronica nei centri sociali del Nord-Est. Sono state con me a Guangzhou.

[pullquote]Quando però penso alle All Star mi vengono i mente i Panzer VI Tiger I dei nazisti[/pullquote]

Ho sostituito le loro stringhe un paio di volte. Tutti i concerti a cui sono stato, estati piovose o inverni asciutti, all’aperto come al chiuso, indossavo All Star. Elogio alle All Star [per me saranno sempre All Star non: Converse] che, nel corso dei decenni, sono rimaste scarpe tutto sommato popolari: dalle 40.000 lire ai 40-50 euro. E per comprare le All Star si può risparmiare. Per il mio socio, che conobbi in Cina, le All Star sono cattive come il male. Lui, che ha avuto una start-up dedicata alla produzione di Sneakers, mi ha spiegato molte cose sulle All Star. Il tessuto non è il migliore. La gomma non è la migliore. I processi di produzione sono sbrigativi.

Le All Star però continuano a vendere, sono irriducibili, attraversano le nicchie di mercato, le coorti generazionali, gli status sociali, e sono circa le stesse di sempre; oggi ne ho comprato un nuovo paio.

[pullquote]Per il mio socio, che conobbi in Cina, le All Star sono cattive come il Male[/pullquote]

Le All Star sono le uniche scarpe che più sono logore, consumate, e più acquistano patina, aura: venerabilità, come la cintura nera di un maestro di arti marziali deteriorata da migliaia di nodi e cadute ed esercizi sul tatami. Sono poco dissimili da quelle adottate da Chuck Taylor, poco dissimili da quelle del 1932 [esisteranno filologi che si occupano di All Star?]. Le All Star hanno vinto i nazisti, cioè, l’idea che sta alla loro diffusione. Esistono Sneaker più costose, molto più costose, molto più comode, molto più resistenti. Sneakers per qualsiasi gusto e portafogli. Quando però penso alle All Star mi vengono i mente i Panzer VI Tiger I dei nazisti: carri armati complessi e dispendiosi da produrre, tanto efficienti quanto poco numerosi; penso ai Tiger, il miglior mezzo blindato di un’epoca. E, soprattutto, ai T-34 sovietici e agli Sherman. Ragazzi, per sconfiggere il nazismo servirono carri armati in gran numero, decine di migliaia per fronteggiarne un decimo. Carri armati economici, facilmente sostituibili, con pezzi di ricambio reperibili in qualsiasi teatro di guerra. Ecco, le Sneakers da mille euro sono il nazismo, combattiamo il nazismo con le All Star.

All’emporio del mio mondo socialista utopico puoi scegliere tra tre colori differenti di All Star: nero, nero. E nero. Tutti indossano All Star anche se sono merce d’importazione

Francesco

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Uccidiamo quel clown di m***a

IT capitolo 2 è vietato ai minori di 14 anni. Io ho un bambino di 9. E ci sono andato. E lo consiglio: IT deve essere visto da bambini minori di 14 anni.

IT è un film catalogabile come horror, ok. Può far paura, ok. Ma è una grande storia, e le grandi storie valgono la pena di essere lette, viste, raccontate. Sempre. A chiunque. Perché insegnano, perché ti fanno decidere, perché fanno da navigatori notturni quando di luce se ne vede appena. IT ti costringe a spiegare a tuo figlio quello che c’è dietro a questo film e al libro del gigantesco Stephen King da cui è tratto.

[pullquote]Nessuno può dirti che sei sbagliato. Se sbagli, non sbagli. Se sbagli, io sarò con te. [/pullquote]

IT è una metafora. Il clown Penny Wise rappresenta le nostre paure. Le paure che tutti noi abbiamo dentro, quelle di essere grassi, froci, inadatti, sbagliati. Per attirare i bambini IT fa fede sulle loro insicurezze, una voglia sul viso, una barchetta persa, un complesso. Sono le paure con cui cresciamo e che spesso ci portiamo dietro, dentro, a lungo. Qualcuno ha detto: non ci libereremo mai delle catene che abbiamo spezzato. Ed è proprio così. Un bambino che è stato preso in giro perché ciccione un giorno potrà crescere (come succede a uno dei protagonisti) ed essere bello alto e palestrato ma dentro di sé conserverà sempre quel timore di non essere accettato per quello che è. Un timore che deve fronteggiare, sconfiggere, superare ogni volta. IT è quel timore. Che rimuovi, spesso, ma che comunque resta sopito nelle profondità del nostro io.

Infatti i ragazzi che 27 anni dopo tornano a Derry per combattere contro il ritorno in città del mostro clown hanno tutti una storia di riscatto, da esclusioni, ferite, fratelli scomparsi, padri di merda. Per questo si chiamano Losers, perdenti. E alla fine (ATTENZIONE: SPOILER!) ammazzano Penny Wise con battaglie in posti che questa profondità la richiamano: sottoscala, cantine, fogne. E prima di farlo si dicono due cose: 1) restiamo sempre insieme 2) uccidiamo quel clown di merda.

[pullquote]IT ti insegna che vai bene come sei, che va bene come vuoi essere e che per essere come vuoi essere ci metti del tempo, ci metti una vita [/pullquote]

Uno: il valore sociale. Circondarsi di persone che ami. A cui vuoi bene e che non ti giudicano, ma ti capiscono, ti accettano, che non ti fanno sentire inadeguato. Ieri, ancora prima di andare a vedere il film, ho fatto una riflessione. Questa: gli amici, i miei amici veri, come me condividono tutti un passato umile. Umile non vuol dire povero, misero. L’umiltà è un concetto nobile. A me per esempio non è mai mancato niente nella vita. Ma la mia è sempre stata una famiglia umile. Come quella di quelli che ritengo miei amici, amici veri. Siamo simili. Non c’è un cazzo da fare. Ho anche amici che arrivano da famiglie più agiate, per carità, ma alla fine con loro non ho quel rapporto così profondo che ho con gli altri. Si tratta di aver condiviso cose spesso impercettibili, piccole sofferenze, camere con i muri umidi, camere che spesso non erano manco camere da letto, urla per arrivare alla fine del mese che poi comunque arrivava e lotte, lotte per raggiungere ciò che vedevi ma che gli altri – quelle delle famiglie più agiate – già avevano.

Derry umile disegnata da un fan

Due: andiamo a uccidere quel clown di merda, ovvero quelle paure lì che ci sono entrate sottopelle, quelle insicurezze. Avrò avuto 20 anni o giù di lì quando Vasco uscì con Mi si escludeva. È una canzone che mi torna spesso in mente. “Mi ricordo che sì sì escludeva per motivi che oggi fanno solo ridere”. Quella canzone era mia. Io sono per gli esclusi perché escluso lo sono stato. Per motivi che oggi mi fanno ridere. Io sono per i perdenti perché ho perso tantissime volte. Perdo ogni giorno. E c’ho messo una valanga di anni a capire che i vincitori perdono, che la sconfitta va messa in conto, che la sconfitta non deve cambiare la tua volontà o perseveranza.

[pullquote]Io sono per gli esclusi perché escluso lo sono stato. Per motivi che oggi mi fanno ridere. Io sono per i perdenti perché ho perso tantissime volte[/pullquote]

Un’altra frase decisiva del film è: “Se ci credi funziona”. Se credi in Dio, Dio funziona. Se credi in una squadra, quella squadra la tifi. Non importa in cosa si crede, importa credere. Ne abbiamo bisogno. Io non credo in Dio, credo in ciò che sento, in ciò che voglio e soprattutto in ciò che non voglio. Credo nel gioco e nella matematica. Perché hanno regole che possono essere smentite.

Benedetto Stephen King. In IT capitolo 2 appare in una scena. Uno dei protagonisti è uno scrittore. In un negozio ritrova la bici che aveva 27 anni prima, in quel negozio c’è King. King, lo scrittore vero, dice allo scrittore attore: “Ehi io so chi sei, ho letto i tuoi libri, uno ce l’ho qui sul bancone”. Lo scrittore attore gli chiede: “Vuoi che te lo autografi”. E King gli risponde: “Naaa, non mi è piaciuto il finale”. Geniale. Lo scrittore che critica lo scrittore. Che fa breccia in una sua insicurezza, che è anche una insicurezza di King.

Vallo a spiegare a tuo figlio. Ci provi. E già va bene. Che IT ti insegna che vai bene come sei, che va bene come vuoi essere e che per essere come vuoi essere ci metti del tempo, ci metti una vita. Se ti va di culo. Perché molti non ce la fanno nemmeno in una vita. Ma che invece si può. Si lotta, si vince, si perde, ed è proprio quando si perde che si deve continuare a lottare. Siate sinceri, si dice alla fine.
Nessuno può dirti che sei sbagliato.
Gli sbagli generano nuove vie. Strade personali. Creative. Che destabilizzano le regole e le riscrivono. Se sbagli, non sbagli. Se sbagli, io sarò con te. Fanculo a chi ti dice come devi essere, a chi ti dice che per stare con noi devi essere così, vestirti così, comportarti così. Fanculo a quei clown di merda, uccidiamoli, uccideteli.

@moreneria

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