Intervistare i Verdena? Completamente inutile. L’anno scorso io e Marco Villa di Rockit ce lo siamo messi in testa e siamo riusciti a organizzare questa cosa stupenda (animata su desktop, statica su mobile). Luca è muto, Alberto é pazzo e Roberta è presa male. Me lo dicevano giornalisti, colleghi e imbucati vari del mondo del dietro le quinte. L’ambiente del giornalismo musicale è come il pisciatoio di una disco, sono tutti li a bivaccare fuori dalla porta del cesso fingendo di sapere tutto. In realtà sono tutte cazzate. Una cosa è vera però, intervistare i Verdena non è semplice. Sono decine i video su Youtube in cui rispondono a monosillabi. Ma…Perché mai intervistare i Verdena? Perché mai chiedergli del disco, di un disco che parla da solo? Dei Verdena volevamo sapere cosa fanno durante la giornata, che pizza mangiano, dove comprano l’incenso e troiate (termine che mi ha insegnato Luca) del genere.
I tre si manifestano come una di quelle compagnie di attori e saltimbanchi che nell’800 giravano i paesini dell’Europa sperduta o gli stati del sud negli Usa, dei giostrai zingari che percorrono mulattiere per far i loro numeri magici di fronte alla gente. Appaiono, ridono, giocano, lanciano urletti, si fanno seri e poi scompaiono senza preavviso. Non sai mai cosa puoi aspettarti. I due fratelli sono kafkiani, vivono nel paradosso. Rendono paradossale tutto quello che li circonda. Luca e Alberto hanno la spontaneità e il rapporto di due bambini, il che comprende gli eccessi di entusiasmo come gli eccessi di tensione. Roberta, che è una figura materna e protettrice, veglia su di loro dall’alto della sua calma femminile. A volte provata si, ma molto anche lei così integrata in questo trio che il solo pensiero di essere la bassista dei Verdena basta a farle superare ogni difficoltà. Comunque, come mi dirà Alberto: i Verdena sono tre fratelli. Come in una vera famiglia basta un niente e la situazione si sbilancia tutta da una parte o dall’altra. O bene bene, o male male. Quindi quello che segue è il racconto più o meno ordinato, di una giornata passata da noi di WNR e Rockit assieme alla band.

L’appuntamento con loro è fissato in uno spazio industriale fuori Bergamo, le ex cartiere Pigna. Un posto gigante, 30mila metri cubi di ex fabbrica ottocentesca riadibita a location per eventi di microeditoria, un’area per bambini e uno spazio in cui bivacca una comune di artisti fricchettoni, diciotto circa che sta preparando una collettiva. Alberto Gottardo, il fotografo, ha a disposizione il mondo, ma chiaramente sceglie uno scantinato per iniziare, uno spazio che noi chiamiamo la cripta.
Il primo che arriva è Luca, coi capelli arruffati, un sorriso mezzo nascosto, uno zainetto liso, dei pantaloni lisi, una giacchina lisa. Dispobile, amabile.
Qui ci tengo tutti i numeri di telefono, dice maneggiando un’agendina sgualcita e armeggiando con un vecchissimo modello Nokia con l’altra mano
Ma… Quello è il tuo telefono?
Si. Ma i i numeri li tengo in agenda perché non so segnarli nella rubrica (ride). È un anno e mezzo che ce l’ho, prima non ne ho mai avuto uno.
[pullquote]Luca ha due case ma non funzionano. Sono come due case occupate, in una non c’è l’acqua, nell’altra non c’è la corrente. A lui piace essere così[/pullquote]
E ti è cambiata la vita?
Naaa, perché fondamentalmente non me ne fotte un cazzo, non c’ho ne’ internet ne’ il computer. L’ho avuto per un periodo ma guardavo solo troiate, tipo incidenti, suicidi. Ero entrato in in trip folle, lo guardavo per tre ore e mi scoppiava il cranio per le vibrazioni brutte. Poi però ho guardato tanto anche i concerti vecchi, i festival, la musica insomma su YouTube. Ma alla fine son andato in nausea, era… troppo tutto.
Ma una giornata tipo tua, quando non suoni, come è?
Adesso sono fidanzato e passo del tempo con lei. Poi… boh… andiamo sul fiume… robe così. D’estate fiume, o pozze… qua (Bergamo) abbiamo le pozze che sono belle… stiamo in tenda e robe così. Poi ora non ho nemmeno una casa, o meglio ce l’ho ma è un casino, non funziona l’acqua. Non so nemmeno io dove sono nello spazio e nel tempo in questo momento.
A questo punto arriva Alberto. Lo sguardo del tutto straniato. Magrissimo. Non parla neanche. Ha un mal di testa lancinante. Attorno a lui c’è un campo magnetico di tensione palpabile, qualcosa che dice: lasciatemi stare. Dovrebbe infastidirmi, invece trovo che sia bellissimo. Lo guardo camminare magrissimo da dietro, prendersi ogni centimetro dello spazio e capisco che sta solo cercando di annusare la situazione.

Passa una mezz’ora in cui scattiamo foto e piano piano le cose si sistemano. Tra una pausa e l’altra succede la magia. Capisco come mai i Verdena sono i Verdena. Nel silenzio di questo piano interrato gigante lo spazio è come una cassa armonica. Tutto fa eco. Siamo tutti sparpagliati da una parte all’altra a cercare di governare questa palla di tensione che circola. Teniamo una distanza di sicurezza di diversi metri l’uno dall’altro. Alberto è come un cane lupo che prende confidenza col territorio. Un lupo secco allampanato. Ti viene da avvicinarlo, ma è un deisderio che dura un secondo e basta. In questo mood surreale, i due fratelli senza neanche parlare, trovano il loro modo di rilassarsi. Come? Con la musica. Luca comincia a suonare una ringhiera con l’accendino e tutti ci immobilizziamo. La ringhiera, quel ferraccio rugginoso che ti faresti dei problemi anche solo ad appoggiartici adesso è uno xilofono, la sta armonizzando. Il suono pare giungere da lontanissimo, il posto diventa un altro posto. Dall’altra parte del muro il lupo spalanca gli occhi nel buio. Sono due fanali accesi e illuminano un volto da fumetto, con quella mascella serrata, i capelli sparati pazzi a caso. Alberto trova due travi di acciaio, saranno diversi chili l’una e comincia a batterle al suolo. Il rintocco è quello di una campana tibetana, una sorta di musica da rito medievale. Non sappiamo se siamo impietriti dalla paura o dalla potenza evocativa di quel suo gesto. È fantastico. Questi tizi fanno paura, suonerebbero anche un buco del culo con le bacchette cinesi. I fratelli non si guardano nemmeno in faccia sono separati da un muro ma stanno comunicando così. Ci sono i Verdena pazzi live nella cripta. Eh tutto così wooooah.
Da qui in poi sarà tutto stupendo. È come se ci avessero lasciati entrare nel loro mondo. La registrazione ricomincia con Alberto che parla di calcio
Ehhh ma in quegli anni c’erano i Caniggia, gli Ivair. Andavamo allo stadio con nostro padre, in curva a vedere l’Atalanta. Caniggia & co. erano dei campioni, facevano delle vere peripezie, si lanciavano come dei pazzi sui palloni. Caniggia giocava coi pantaloncini tirati su fino all’inguine, sembrava in tanga era pazzesco. Correva, correva, correva e paaaam! Quando abbiamo iniziato a suonare, sui 13 anni, abbiamo smesso di andare allo stadio.
Già suonavate a tredici anni?
Si abbiamo iniziato nell’89 io e Luca. Mi han regalato la chitarra alla prima comunione, capisci… sono uscito di testa. Lui aveva una batteria elettronica quella vera è arrivata dopo. All’inizio non usava nemmeno il pedale, suonava in piedi come gli Stray Cats.
Non è comune che dei bambini ascoltino musica così raffinata
Si si, gli Straight Cats erano il nostro gruppo preferito assieme ai Beatles. Ed eravamo invasati del punk rock. Ci ha svezzati mio zio che ascoltava Miles Davis, Tom Waits e ci raccontava le storie dei personaggi del punk, tipo che ne so quello che si lancia giù da un palazzo, uno che vola sulla folla, quindi noi ci affezionavamo ai personaggi e poi apprezzavamo la musica. Siamo cresciuti così
E il vostro pubblico era la famiglia?
Si… suonavamo davanti alle zie… ora che ci penso c’è anche un video che chissà dov’è finito. Avevamo ancora la vocina stridula da bambini (fa la voce stridula da bambino e gracchia “Luuuuuca one ciù tri for”). Luca da piccolissimo spaccava già il culo, ci avrà messo un mese a diventare bravo, è stato subito un fenomeno. (Luca imbarazzato quasi: beh insomma e guarda il pavimento). Io all’inizio non sapevo nemmeno accordare la chitarra quindi ogni giorno il pezzo cambiava…
[pullquote]Non ci credo proprio negli psicologi. Ci sono dei cervelli che li puoi manipolare, ma io non sono così. Io mi auto aggiusto, riesco sempre a farlo.[/pullquote]
Com’è stata la vostra adolescenza?
Beh, noi vivevamo in un paese di duecento persone quindi era difficile trovare qualcosa da fare. In valle o suonavi, o avevi il motorino truccato e andavi in giro a sfoggiarlo tutto il giorno. Stop.
Ah poi ecco si andava al bowling la sera o a cercare di imbroccare in una piccola discoteca che c’era. Sai una cosa assurda? Una cosa che è risaputa qui in valle? Non c’erano ragazze! Negli anni 80 devono essere nate poche femmine, eravamo tuuuutti maschi. Può confermartelo anche la Robi e le poche che c’erano venivano tartassate poverine. Quindi si, ci si è sverginati tutti molto in la e per questo si suonava. Poi per raggiungere Bergamo ci volevano quaranta minuti in motorino e io che avevo il Ciao forse ci mettevo di più. Eravamo quasi preoccupati ad andarci pareva la grande città (ride)
Sembra una di quelle storie prese dalla vita di Cobain o degli Stooges e i Ramones. Non è un caso che la vostra musica nasca in un contesto del genere. Che ne dici Robi?
Sai, a quell’età quando trovi una passione puoi avere tutte le attrazioni del mondo ma vuoi fare solo quello. Io avevo il mio gruppo e vivevo aspettando che arrivasse il giorno della settimana in cui si provava. Mi ricordo benissimo il primo giorno in cui entrai in una sala prove. Era piccola, anche brutta forse, ma ho subito pensato: questo voglio nella vita. Ne fui folgorata.

Vi è mai venuta l’idea di spostarvi, che ne so le solite cose tipo andiamo a Berlino sei mesi e vediamo che succede?
Roberta ride. La casa discografica voleva mandarci a New York, due settimane tutto pagato compreso la sala prove e noi: naaa, troppo sbattimento. Penso siamo un caso unico. Luca aveva controproposto Amsterdam ma chiaramente non è stato preso in considerazione dall’etichetta
Ma Perché?
Alberto, serio. Non avremmo combinato un cazzo. Troppe distrazioni. Poi già non siamo abituati alla città, ti immagini a New York, che è la città per antonomasia? Ci avrei messo almeno un anno per scrivere un pezzo li
Non avete paura che alla lunga essere fermi qua, chiusi tra di voi possa essere controproducente?
Adesso non vorrei dire cose strane ma noi cambiamo luogo e situazione cambiando l’aspetto della nostra musica. Sarebbe più interessante che ne so, affrontare un viaggio, un’avventura in un posto speciale, piuttosto che andare in un posto diverso a scrivere.
Voi vi frequentate anche fuori dalle prove e dai dischi?
Si certo. Siamo stati anche in vacanza assieme.
Questo è curioso, di solito le band hanno bisogno di separarsi dopo un disco o un tour. Ma voi siete diversi, siete una band a conduzione familiare e la famiglia è un elemento che ricorre sempre nei Verdena. I due fratelli e se posso dirlo: la figura materna di Roberta.
Luca sorride divertito. Lei è proprio la mamma
Roberta sembra anche che tu debba compiere una bella mediazione tra di loro, perché basta poco tra fratelli anche per alterare un equilibrio no?
Ci provo, ma la realtà è che non mi cagano di striscio. (ride) Mi danno della rompipalle come si farebbe con una vera madre
[pullquote]Passiamo la giornata a dire cazzate. Siamo dei paesani, caciaroni, siam cresciuti nel bergamasco, ci divertiamo con poco.[/pullquote]
Alberto è vero?
Confermo!
Beh Alberto, si dice che anche tu abbia un caratterino difficile da sopportare
Ehhh hai voglia. Io però rompo i coglioni sulla musica. Ma sai una cosa? Non riesco molto a vederci da fuori. Poi questo è anche un periodo di tensione, si scazza anche facilmente
Come mai?
C’è tanta roba da fare, tanta pressione
Lavorate assieme da vent’anni non è facile, siete stati bravi…
Ma vedi è come se fossimo tre fratelli alla fine, abbiamo quelle litigate li ma poi delle riprese molto grosse in cui facciamo cose bellissime. Però non abbiamo mai scazzato veramente. Forse solo una volta durante Requiem.
Invece il vostro momento più felice, umanamente, tra di voi?
L’ultimo? Mah, due settimane fa, l’ultima volta che è andata bene dal vivo.
C’è su Fb una pagina ironica che si chiama Come mai Luca non c’è nelle interviste. In realtà lui è così loquace…
Si è un peccato perché lui è molto lucido su queste domande che mi fai, io mi perdo. Lui magari ti rispondeva meglio. Mi spiace non ci sia nell’intervista.
Prima ci raccontava delle sue peripezie
Si! Ha due case ma non funzionano. Sono come due case occupate, in una non c’è l’acqua in una non c’è la corrente. A lui piace essere così, doversi arrangiare, non avere la corrente o l’acqua calda. Lui e la sua morosa si lavano esternamente… a secchiate
Siete molto più ironici di quanto fate intendere. Sembrate dei cupi e invece…
Ma va! Noi passiamo la giornata a dire cazzate. Noi siamo dei paesani, caciaroni che non sanno neanche parlare siam cresciuti nel bergamasco, ci divertiamo con poco
Però siete seri sulla vostra musica
Si, io non nascondo che secondo me siamo i migliori a fare rock in Italia. Cioè non sento altro che mi entusiasma o mi stimola così come la nostra roba. E lo penserei anche se non fossimo famosi penserei la stessa cosa. Io penso che chiunque metta su un gruppo la debba pensare così, sennò che lo fa a fare?

Da qui in poi Alberto passerà tutta l’intervista a cercare di contraddirsi e a trovare band italiane che sono migliori dei Verdena e alla fine concluderà che ce ne sono decine meglio dei Verdena
Ascolti la musica italiana?
Non ho mai amato la musica italiana, mai. Non riesco a capire, mi fa venire l’angoscia. Quello che facciamo noi non me la venire, quindi per me siamo i migliori. Però a livello mondiale no eh… (ride) li ce ne son tanti da scavalcare (ride) Ci sono per esempio i Jennifer Gentle che sono epici, per me lui è una specie di Mozart, fa delle robe che non potrei mai fare, non ci arriverei mai. Morgan anche se è sputtanatissimo ha fatto Canzoni dell’appartamento che è un capolavoro, io non saprei mai scrivere un disco così perfetto. Testi, orchestrazioni. È uno dei pochi che non mi fa venir l’angoscia.
Qui Alberto diventa onomatopeico, fa le imitazioni, si sbizzarrisce
La musica italiana è fissata con la nota fissa tipo na-na-na-na-naaaaaaaana ci metti un sacco di parole e questa roba mi fa andar fuori di cranio. Oppure l’enfasi di quelli che partono piano e poi ahhhh ahhh (simula una specie di orgasmo) e sembra tutti che vengono. Vedi un sacco di cazzi che vengono. Porca puttana… non lo sopporto. Vasco è quello che regge di più la situazione e la butta sul rockstarismo vero (lo imita con la voce roca dicendo: sono veramente una rockstar cazzo).
Vasco ti piace?
In generale si… è molto triste Vasco, un po’ Fantozzi, mi viene un po’ da piangere quando lo ascolto. Tornando alla musica anni 80 italiana c’erano delle belle voci, tipo Mia Martini… poi avevano tutti la voce gracchiante alla Cobain, adesso sono tutti così puliti. Mi dispiace che la voce rauca non ci sia più. Cocciante, Masini quelli quando urlavano gli entrava il distorsore.
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Io non nascondo che secondo me siamo i migliori a fare rock in Italia. penso che chiunque metta su un gruppo la debba pensare così, sennò che lo fa a fare?
[/pullquote]Mi ha detto Iosonouncane che suonavate Andamento Lento di Tullio De Piscopo
mmm, no. Non ricordo. Però Luca ha imparato a suonare la batteria grazie a una videocassetta sua. Diciamo che è il suo maestro. Te lo ha detto Iosonouncane? Che disco bellissimo ha fatto. Anche lui ci supera.
E l’hip hop lo ascolti?
No. Ma Fabri Fibra è il migliore, mi tocca proprio. In furgone me lo facevano togliere. Mettevo il primo disco che hai dei testi pazzeschi, scabrosi o violenti al punto che ogni tanto qualcuno mi urlava: togli sta roba! (ride) Forse anche Fibra ci supera.
Senti, parliamo dei tuoi di testi. Tu non vuoi mai parlarne, io li amo tantissimo, mi pare poesia surrealista, beat
Per me il testo è importante quanto la musica. Se scrivi una roba brutta peggiori il pezzo. Come se ne scrivi una troppo bella. Però non saprei mai parlare di politica, non ci starebbe bene sulla nostra musica, non lo sentirei mio e non sono neanche abbastanza intelligente per saperne scrivere
Odio il varietа, annoia la cittа/ E dalle feste private si sente un oboe suonare… non è parlare direttamente di politica o società ma è comunque un’analisi. Sembra un testo di Kerouac o Burroughs
(Alberto ride, sorpreso) Si, sono i riferimenti da cui ho sempre preso da quando son piccolo, sempre grazie allo zio di cui ti dicevo. Ci faceva leggere. Per noi lui era un dio. Leggeva proprio Kerouac e Burroughs soprattutto. Di lui ho letto Porto dei santi che mi ha distrutto il cervello. Ci ho tirato fuori un sacco di testi da quel libro

Ah si?
Si. Ricordo un passaggio in cui descriveva un prato pieno di girasoli, però al posto dei fiori lui vedeva solo cazzi che si giravano dalla parte opposta del sole… io impazzivo. Le sue visioni mi facevano sentire come sballato, mi girava la testa. È pazzesco quanto il nostro primo disco sia improntato sul sesso, Vera parla di uno che si fa fare un pompino. Vabbé che avevo diciotto anni… Anche Valvonauta, quell’affogarsi.. ma di cosa? Di seghe! (ride) Sto bene se non torni mai, va benissimo comunque, anche se non ci sei, oppure penso sempre allo stesso…
Ma davvero??? Io credevo parlasse di suicidio! Mi risolvi un trip che dura dal 1998. Avevo un’immagine di te autodistruttiva
ahahah. Beh un po’ è autodistruttivo farti le seghe. Io i testi li capisco dopo tanto tempo, non voglio essere molto chiaro sinceramente. Voglio che non siano di disturbo alla musica, ma tanta gente ha letto in interviste o siti che a me dei testi non interessa, però è una cosa poco veritiera.
Comunque c’è sempre tensione erotica nei tuoi pezzi. Ho perso l’amore ora so/ l’ho sparso al suolo ora so…
apparte quando non suonavamo, non stavamo in sala, il sesso per me era la cosa principale. Ma ancora adesso lo è, però non è una cosa così primordiale da metterla nei testi. Adesso son sposato ho dei figli, non scriverei mai più una cosa del genere. Tanti anni fa venimmo a sapere che Lindo Ferretti aveva letto i testi del nostro primo disco, tramite il nostro discografico, e aveva detto solo: anch’io, se avessi avuto sedici anni avrei scritto queste cose. Ah ecco anche lui spacca! Lui è davvero un numero uno.
[pullquote]Noi siamo dei bambini, anzi io sono un bambino.[/pullquote]
Hai mai pensato di pubblicarli come poesie?
Mmm, no (fa una faccia allibita come se gli avessi chiesto la cosa più assurda del mondo)
io ci vedo delle cose si, ma magari tu ce ne vedi altre, potremmo trovarci in disaccordo, rovinare un pochino la situazione
Ma no, anzi. Tu sei l’autore. È normale che io gli dia un significato, ma per me è troppo più importante sapere la tua visione della cosa
allibito mi chiede Non è che poi non ti piace più il pezzo?
Ma va!
Invece la frase la psicanalisi non funziona più come io vorrei?
Era forse un momento dei più brutti della mia vita come stato psico fisico. Mia madre mi impose di parlare con uno psicologo. L’ho visto solo una volta o due, ma mi stava antipatico
Non hai fatto un percorso di analisi?
No no no. Non ci credo proprio negli psicologi, secondo me sono un’organizzazione a delinquere. Non li vedo sul pezzo. Ci sono dei cervelli che li puoi manipolare, ma io non sono così. Io mi auto aggiusto, riesco sempre a farlo. Secondo me tutti ce la possono fare.

Forse dici così perché tu hai avuto la possibilità di sfogarti con la musica
si in effetti io ho sempre fatto quel cazzo che volevo fino a adesso. Non sono calcolabile in sto discorso. L’univa cosa che mi distruggerebbe sarebbe se morissero i miei figli allora si che avrei dei gravi problemi. Essere genitori è così vorresti che tuo figlio avesse la meglio vita del mondo. Tu vai in secondo piano. Può andarmi anche tutto storto, tipo se finissero i Verdena, dovrei trovarmi un lavoro artigianale perché non ho mai studiato, ma non sarebbe così grave, sarebbe un bel cambiamento. Io leggo lo Zen mi piace un asino quel modo di pensare. Lo zen aiuta a trovare il lato positivo in ogni cosa, ma se succedesse ai miei figli non riuscirei mai a trovare un senso.
Tu Alberto sembri attratto dal lato oscuro, dal caos più che dallo zen
Si, disordina molto l’aria, i sentimenti e ti allontana dalla realtà (ride) ma sono anche un estimatore di musica classica.
No ma intendo anche al di fuori della musica.
Si, quando mi incazzo mi incazzo, anche fisicamente. Tipo che ne so se ci sono delle piante mi dispiace per le piante ma il vaso parte, poi lo ripianto perché mi sento il colpa. Ma anche questo è zen. Non ricordo ma leggevo che i guerrieri prima di andare in guerra spaccavano qualcosa, magari qualcosa di prezioso. È liberatorio, dopo hai una super tranquillità. Come dopo un concerto. Dopo un concerto io sono la persona più calma del mondo, niente mi tocca. Invece il concerto è la guerra totale
Eh, spesso devo dire si avverte. Cioè prima di vedere voi nel 2001 non mi era mai capitato di vedere il cantante di una band con gli ampli a palla, che mandava affanculo il batterista. È stata la cosa più punk che ho visto
ahahah succede spesso si. Nel 96 mi son talmente girati i coglioni, oltretutto avevo un unica chitarra e gliela ho lanciata addosso a Luca non so come ho fatto a non ucciderlo. Lui non si è fatto un cazzo. È anche un brutto ricordo ora che ci penso, ma in effetti arriviamo a quei livelli anche. Cioè sul palco non esiste il tempo, non esiste l’amore, non esiste l’odio, esiste solo la cazzo di musica che deve essere fatta in modo più perfetto possibile e dare più energia possibile. Noi ci sentiamo sempre impediti a suonare e qualsiasi piccolezza ci sembra un enormità
Vi sentite impediti a suonare? Davvero?
Si! la Robi no.
Tu Roberta che ne pensi?
Ma va! Penso che voi (rivolta a Alberto e parlando di lui e di Luca) sapete fare una cosa nella vita: suonare e penso che dovete fare quello. Quando non lo fate è perché non volete
Alberto si spiega Si ma solo sul palco succede, poi una volta scesi ci sono due strade: o è tutto un disastro o è tutto fantastico. Ma quando è bello, è veramente bellissimo
ma tipo ogni quanto succede?
Se abbiamo fatto cinquanta date… sei o sette, poi ci sono le medie che son andate cosi e cosi e poi ci sono quelle brutte. Quando suoniamo male il pubblico se ne accorge e non applaude
Roberta trovi che Alberto sia un po’ troppo auto critico in questo?
Si! Ma infatti quando scendiamo dal palco e loro si piangono addosso con la cantilena del facciam cagare io me ne vado, non gli rispondo neanche tanto che mi girano i coglioni
(Alberto ha un’illuminazione) Vedi, noi vorremmo far felici tutti. Ma non si può.
Tu vorresti che il pubblico fosse felice dopo un concerto?
il pubblico e noi, si.
Non lo trovi utopico? È quasi un messaggio evangelico. È molto più arduo che parlare di politca nei testi
Sicuramente la politica non porta la felicità
Sai che è un atteggiamento tipico dei fanciulli? Volere la pace nel mondo, dico.
Noi siamo dei bambini, anzi io sono un bambino